Happy Holidays, un ritratto intimo e conflittuale della società israeliano-palestinese

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Un racconto famigliare, in tutti i sensi …
Presentato alla 81ª Mostra Internazionale del Cinema di Venezia, dove ha vinto il Premio Orizzonti per la Miglior Sceneggiatura, Happy Holidays è l’ultimo lavoro del regista palestinese Scandar Copti, noto per Ajami, per cui aveva ricevuto una nomination all’Oscar. Con questo nuovo film, Copti torna dietro la macchina da presa dopo una lunga pausa, proponendo un’opera ambiziosa e corale che mette a fuoco le fratture sociali e culturali della società israeliana contemporanea, vista attraverso la quotidianità di due famiglie che vivono ad Haifa.
Il film si struttura intorno a quattro personaggi principali, le cui esistenze si incrociano in modo inaspettato, portando alla luce tensioni legate a genere, generazione e identità culturale. Il loro intreccio non segue una costruzione drammatica classica, ma prende forma attraverso una narrazione frammentata, volutamente opaca, che sfida la logica dell’intreccio lineare.
Tra i protagonisti c’è Rami, un giovane palestinese che si trova a dover gestire una situazione complessa con la sua compagna ebrea. I due, infatti, avevano concordato un’interruzione di gravidanza, ma lei ha cambiato idea. La madre di Rami, Hanan, si muove in una difficile situazione economica e cerca di ottenere un risarcimento da un’assicurazione per un incidente stradale in cui è rimasta coinvolta la figlia Fifi. Quest’ultima, a sua volta, nasconde un segreto che potrebbe danneggiare irreparabilmente la sua famiglia e la sua nuova relazione con il dottor Walid. Infine, troviamo Miri, madre israeliana, che affronta la depressione della figlia adolescente. Al contempo cerca di aiutare la sorella, incinta di Rami, a trovare una soluzione alla sua gravidanza.
Una lavorazione lunga, per un risultato impeccabile
Il film ha richiesto cinque anni di lavorazione. Un elemento centrale del progetto è stato il metodo di lavoro adottato. Copti ha, infatti, scelto un cast formato da attori non professionisti, molti dei quali interpretano ruoli vicini alla loro realtà. Nessuno, inoltre, ha ricevuto una sceneggiatura completa. Gli attori venivano istruiti scena per scena, senza conoscere il quadro generale. Questo approccio ha permesso al film di conservare una forte componente realistica, dando spazio a reazioni spontanee e a interpretazioni essenziali, prive di sovrastrutture.
In questo contesto, la linea di demarcazione tra finzione e realtà si fa sottile. Il medico del film è un vero medico, l’avvocato è realmente un avvocato. Non si tratta di una semplice scelta stilistica, ma di una dichiarazione di intenti: Happy Holidays punta a restituire l’autenticità dei gesti, dei dialoghi, delle contraddizioni interne a una società ancora profondamente divisa.
Il film si concentra su una dimensione privata e quotidiana, evitando toni enfatici o retorici, ma attraverso i piccoli conflitti familiari, i silenzi, le decisioni sofferte. Emergono, così, le grandi fratture di fondo: quelle tra arabi e israeliani, tra laici e religiosi, tra le aspettative sociali e la libertà individuale. Le due famiglie, apparentemente distanti, finiscono per rispecchiarsi l’una nell’altra, rivelando quanto i confini culturali siano spesso labili, ma al tempo stesso fonte di conflitti irrisolti.
Premiato anche al Festival di Marrakech come Miglior Film da una giuria presieduta da Luca Guadagnino, Happy Holidays non offre soluzioni né proclami. Il film osserva con lucidità e delicatezza la complessità dell’esistenza in un luogo dove politica, religione e vita privata si intrecciano ogni giorno, spesso in modo doloroso. Una narrazione che interroga lo spettatore più che guidarlo, lasciandogli il compito di mettere insieme i frammenti di una realtà frammentata.
Happy Holidays verrà distribuito da Fandango, che si è occupata anche di The Lord of the Rings: The War of the Rohirrim.
Appassionata di scrittura ed innamorata della cultura giapponese, trovo ispirazione sia nei racconti in cui mi immergo sia nei videogiochi che esploro. Attraverso manga, anime e la ricca tradizione artistica del Giappone, coltivo la mia creatività e la mia curiosità per mondi nuovi e avvincenti.