My Hero Academia 7 – Un preludio finale inferiore alle aspettative
L’atto che anticipa il finale di My Hero Academia è una goduria per gli occhi, ma non delinea un’atmosfera critica quanto ci si aspetterebbe dallo scontro conclusivo.
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Come considerare la nuova tranche? Purtroppo l’opinione è scontata, e ricorrente tra gli spettatori: un arco narrativo inferiore alle aspettative, stanco artisticamente proprio quando avrebbe potuto e dovuto osare di più.
Una scelta deliberata? Il tentativo di non tradire lo spirito comfort della serie? Forse. Al tempo stesso, il tradimento dei presupposti iniziali avrebbe garantito un prodotto più maturo.
Non per questo la settima stagione di My Hero Academia è da buttare. Analizziamo quindi gli elementi che elevano la narrazione a una qualità comunque inarrivabile per altri prodotti nipponici e non, senza dimenticare i difetti che li accompagnano.
Scontro totalizzante
A quali risposte ci riferiamo? Innanzitutto, all’esito dello scontro tra Heroes e Villains, che esplode in tutta la propria dirompenza fino a omaggiare la conclusione della prima puntata.
Espressione e contenuto
No, un programma tanto ambizioso non deve suggerire una cattiva gestione narrativa. Attraverso il lavoro dello Studio Bones e le colonne sonore di Yūki Hayashi, la storia affronta svariate sfide produttive: scontri via terra, via aria e via mare, a cui si aggiungono quei nuovi poteri di Shigaraki e Toga Himiko, che fanno scuola nel mondo dell’animazione. Perfino le ristrutturazioni di elementi già noti – come lo Yuei – sfruttano l’humus tecnico per mostrarsi in tutta l’appariscenza.
Il rapporto tra palcoscenico (Heroes combattenti) e dietro le quinte (Nezu, True Man e gli altri cervelloni) non può che arricchire la strategia, a cui si aggiunge la redenzione del “traditore”. Un pretesto per esprimere i valori universali di cui la serie si fa portatrice fin dall’inizio, ma anche la più o meno deliberata consapevolezza che, nell’atteggiamento di rifiuto per il mondo di All For One, evitare ogni distinzione e raggiungere un’unità totalizzante quanto lo scontro stesso diventa l’unica salvezza.
Conflitto interno
Purtroppo è proprio da questi pregi che muovono i difetti principali. Nonostante l’apocalisse capace di spazzare via il Giappone e il mondo intero, qual è la posta in gioco – umana e non?
In una dinamica che riguarda il franchise nella sua interezza, ma particolarmente evidente nel film My Hero Academia: You’re Next, la seconda parte non ha assunto un tono più grave per mantenere un ingenuo, sano ottimismo. E ormai lo spettatore può metterci la mano sul fuoco: ogni momento critico si risolverà con la vittoria degli Heroes.
Parliamo di una posta in gioco soggettiva e oggettiva. Nessuno vorrebbe assistere alla morte del personaggio preferito, ma ponendo sul piatto questo svantaggio e l’esponenziale aumento dell’adrenalina che ne deriverebbe (e se gli Heroes, nonostante gli sforzi, fallissero?) la soluzione appare evidente. Purtroppo la serie è poco avvezza a soluzioni simili, e l’episodio Chi protegge e più danneggia lo dimostra nel più ridicolo dei modi. Come se non bastasse, “micro-sconfitte” quali traumi fisici, legami spezzati e danneggiamento delle attrezzature avrebbero giustificato il power up improvviso di personaggi come Koji Koda.
«Sembra che io possa catturare due uccelli con una sola fava», diceva Shigaraki nel Forest Training Camp Arc. E aveva ragione. Tutti noi aspettiamo una svolta oscura; un parallelismo – a proposito di easter egg – col Dark Deku che ci ha tanto entusiasmato. A voler fare i puntigliosi, poi: qual è stato l’insegnamento di un periodo tanto sofferto?
Il cerchio si chiude
La mancanza del conflitto interno suggerisce che la settima stagione di My Hero Accademia sia più orientata al passato, ma questo ripiegamento ha risvolti eccelsi che sfruttano il finale prossimo.
Ci riferiamo alla sensazione di un cerchio che si chiude, alla chiusura repentina e simultanea dei programmi narrativi più duraturi del franchise. Il primo parallelismo con le origini dell’anime arriva da Star and Stripe, controparte americana di quel che rappresenta All Might in Giappone.
Lo stesso vale per i personaggi delle stagioni precedenti e le sezioni “minori” del liceo Yuei. Mei Hatsume, Power Loader e gli altri membri della classe H-1 forniscono armi sempre più avanzate al gruppo protagonista; i social media manager dell’istituto (purtroppo non approfonditi) testimoniano la necessità di riprendere le imprese degli Heroes per arricchirne l’influenza.
Forse questo difetto risulta troppo invalidante, forse i ritorni dalle tre stagioni precedenti appaiono simultanei e poco diluiti, ma l’effetto nostalgia è assicurato. Perché la chiusura del cerchio è non soltanto pratica, ma anche (e soprattutto) psicologica.
Closure
Quali sono queste parabole introspettive? Per spiegarlo partiamo dal concetto psicologico di closure, riferito al raggiungimento di una conclusione, sia pratica sia emotiva, rispetto a un evento che coinvolge due o più persone.
Tra passato e futuro
Non sorprende che lo strumento migliore per soggettivizzare il closure sia il confronto. Svariati personaggi dialogano con le proprie nemesi durante il combattimento, consapevoli che il primo esito dipende dal secondo e viceversa. Gli errori passati sono stati commessi tanto dai Villains quanto dagli Heroes, e le conseguenze di questi ultimi, uniti allo scontro frenetico e a quirk per forza di cose ristrutturati in una scala valoriale, rendono l’attribuzione delle colpe sempre più complessa. Ma non c’è tempo per puntare il dito: l’importante è raggiungere una pace relazionale prima che globale.
Per favorire il dialogo, la storia suddivide i diretti interessati in piccoli schieramenti: ne deriva una generalizzata affinità elettiva che non cade nel tranello di polverizzare la componente action. In compenso, si declina nell’accezione più banale e distrugge quanto faticosamente costruito nella prima fase.
Alla frenesia dello scontro si somma una visione, sempre presente ma ora giunta al culmine, per la quale sconfiggere il nemico significa molto più che schiacciarlo al suolo; richiede invece un’analisi delle sue ferite interiori e, di riflesso, delle proprie. È quanto accade tra Uraraka e Himiko, ma anche nel percorso di Deku nella tranche finale. Di conseguenza i tre Villains principali della serie – in una dinamica forse inflazionata, per quanto accattivante – ritornino bambini per affrontare il trauma.
Contro-tradimento
In questo solco che si colloca il tradimento (e l’immediata redenzione) di un determinato personaggio – una rivelazione tanto sorprendente da eclissare la cattiva gestione del traditore stesso, narrativamente ridotto a marionetta.
Il movente deriva da questioni pratiche, cioè la protezione di sé stessi o delle persone care, e col tempo non si allinea alla visione antagonista. Sarà Deku a favorire tale disallineamento.
Il risultato? La chiara, inequivocabile supremazia delle esperienze post su quelle ante, a sottolineare la fallacia dell’imprinting iniziale e i valori sviluppati nell’esperienza allo Yuei. No, il tornaconto personale non può durare a lungo, al contrario dei legami senza condizionamenti esterni.
Così facendo, la narrazione ottiene un ulteriore risultato: delineando il passaggio da ex-Hero (il traditore) a Hero propriamente detto (tutti gli altri studenti), prefigura quello da Villain a ex-Villain. Messa in discussione la retorica di All for One, la trasformazione in eroe non è più utopica. Accadrà forse nell’ultima stagione?
Eteromorfi
La discrepanza si esplica soprattutto negli episodi 152 e 153, fiori all’occhiello della stagione.
Così My Hero Academia sfrutta il sotto-arco narrativo sugli eteromorfi per parlare di razzismo, pregiudizi ed emarginazione sociale. Il tutto rifuggendo da una tendenza ambigua fel franchise, per la quale fisionomie socialmente sanzionate e passati dolorosi trasformano necessitate cogente in Villains. Assistiamo inoltre alla rivoluzione-involuzione del Villain più riuscito.
Ma la “manifestazione inaspettata” degli Heroes più eclissati ricorre già dall’episodio 141. Così facendo conferma ciò che ha dimostrato Deku nell’ottenere il quirk, e All Might nel finale di stagione. Non importa la posizione di apparente inferiorità: grazie al supporto reciproco, nessun obiettivo è troppo lontano. Neanche redimere la persona che è pronta a distruggerti.
Per approfondire l’argomento, non perdetevi quel che sappiamo sull’ultima stagione di My Hero Academia. Ma, se non siete in vena, fareste meglio a mettervi comodi in attesa del colpo di scena finale.
#INBREVE
Una stagione deludente
Ci siamo: il finale della saga è sempre più vicino. Purtroppo la tanto attesa resa dei conti tra Heroes e Villains, dislocata, testimoniante l’ideologia del franchise e peraltro esaltata dalle animazioni dello studio Bones, non ha conflitto interno né posta in gioco. I numerosi parallelismi garantiscono la chiusura di programma narrativi duraturi (in particolare riguardo gli eteromorfi e il traditore del liceo Yuei), ma non bastano. Aspettiamo una svolta dark, il sangue, consapevoli che sia ormai tardi. Gli Heroes vinceranno ancora una volta. E noi con loro. E saremo tutti felici e contenti, almeno per un po’.