Steel Seed – l’esperienza di un viaggio nel futuro incerto di un’umanità estinta

steel seed
Cosa significa aprire gli occhi su un mondo che non riconosci? Risvegliarti da un lungo sonno sola, confusa e con la sola compagnia di un enigmatico robot volante che ti spinge in una frenetica ricerca di quel che resta di tuo padre? Alzarti e muovere i passi in una realtà post apocalittica in cui tutto è contro di te? Scopriamolo provando in anteprima il videogioco… 

Steel Seed, il nuovo titolo di Storm in a Teacup, si presenta come un’esperienza immersiva e intensa. I presupposti ci sono tutti: un mondo fantascientifico cupo, una protagonista misteriosa, un compagno robotico adorabile e una trama che parla della fine dell’umanità e della fragile speranza di rinascita.

Il titolo, che unisce stealth, platform e azione, ha già conquistato il “Best in Play” al GDC 2025 ed è disponibile in formato demo su Steam. In attesa del suo rilascio ufficiale, rimandato di qualche settimana per dare occasione al team di limarne alcuni aspetti, abbiamo deciso di dare un’occhiata al suo gameplay, per offrire un primo sguardo sul suo mondo devastato e così fortemente anti-umano.

I primi minuti di Steel Seed nella nostra esperienza sul campo


Le atmosfere cupe di Steel Seed


Inizialmente, il gioco ci introduce a tre modalità diverse: Standard, che cerca un equilibrio tra azione e narrativa; Storia, una modalità semplificata, pensata per chi vuole vivere la storia con meno ostacoli; infine, Difficile, una versione più ostica, in cui l’enfasi è posta sul combattimento. La scelta della modalità porta subito ad un’introduzione cinematografica alquanto criptica, in cui viene presentato brevemente quello che sarà il campo di gioco.

Un mondo meccanico, ostile e refrattario alla vita organica, in cui non è possibile nemmeno intravedere tracce di un passato diverso. Schiere di robot pattugliano questi luoghi, alla spasmodica ricerca di qualunque ombra non corrisponda ad un essere meccanico. Le premesse, dunque, sembrano ottime e si è presto invogliati ad avventurarsi in questo mondo desolato.

Steel Seed ambiente

Sicuramente non si tratta di un open world alla Sea of Thieves, cosa che non ci si può aspettare, ovviamente, da un platform. In questa realtà meccanica e colossale, fatta di corridoi sospesi, stanze cavernose e strutture ciclopiche, in cui non si distinguono soffitti né pavimenti, la protagonista si muove lungo una strada segnata, un percorso prestabilito tracciato con evidenza, in cui ogni deviazione è illusoria.

Già nei primi minuti, però, emergono alcune rigidità. Il sistema di comandi non è personalizzabile e la sensibilità del mouse è sorprendentemente alta. Diventa, dunque, non solo desiderabile, ma addirittura necessario portarla quasi al minimo per avere un controllo decente della visuale. Inoltre, la disposizione dei tasti principali è standard, ma alcune scelte – come la posizione della schivata – risultano alquanto scomode.

In un titolo in cui la mobilità è fondamentale, ogni dettaglio conta e qui si sente decisamente il peso della mancanza di flessibilità. Detto ciò, comunque, ci immergiamo in questo sci-fi post-apocalittico con tutti i circuiti.


Un viaggio in solitudine, o quasi


Fin dai primi passi, veniamo accompagnati da KOBY, un piccolo drone misterioso, che sembra esser stato al fianco della protagonista anche durante il suo sonno. Non parla nel senso classico: emette suoni, segnali e impulsi e Zoe sembra capirli perfettamente, ma noi no. Possiamo solo intuire il contenuto delle sue “parole” grazie alle risposte che lei gli dà. Si tratta di una scelta narrativa interessante, che aggiunge personalità al gioco.

Steel Seed KOBY

Non solo, infatti, crea mistero attorno al robottino, ma rafforza anche il senso di alienazione e solitudine della protagonista. Zoe è sola e  noi lo siamo con lei. Non c’è nessuna interfaccia a mediare, nessuna voce a spiegare: solo rumori, silenzi, e interpretazioni.

KOBY, però, non è solo un compagno silenzioso, è anche un prezioso strumento di sopravvivenza. Nel corso dell’esplorazione, infatti, il drone ci svolazza accanto – alle volte, però, si mette in mezzo ai chip – e le nostre interazioni con lui possono determinare la riuscita del livello.

Qui gli “stealther” più appassionati sicuramente gioiranno, perché un alleato del genere rappresenta una gradevole aggiunta. Grazie a lui, tra un salto ed un appostamento, possiamo tracciare la ronda dei nemici, colpirli a distanza o, addirittura, distrarli per prenderli alle spalle.


Un muro, un suono, la morte


Sebbene non si arrivi ai livelli di Skyrim, in cui era possibile affinare tanto le proprie arti da diventare pressoché invisibili agli avversari, Steel Seed offre la possibilità di sfruttare ampiamente l’ambiente per nascondersi. Ogni muro, detrito, anfratto è ideato per permetterci di sfuggire all’occhio attento dei robot, in un continuo gioco di sguardi e trappole.

Qui, infatti, al contrario del titolo della Bethesda, in cui ci si portava dietro qualche kg di frecce di ferro solo per sfruttarle nel tentativo di attirare i nemici, è possibile richiamare la loro attenzione semplicemente bussando con le nocche. Irrimediabilmente, i guardiani tenteranno di scoprire l’origine del rumore. Inevitabilmente (salvo bug), finiranno male. Zoe, infatti, non mostra alcuna pietà verso di loro, infierendo sui loro corpi meccanici come la cacciatrice Faith sui vampiri.


Misteri sospesi e memorie perdute


La narrazione di Steel Seed si muove su binari volutamente frammentati, ma lineari. Possiamo, dunque, dimenticarci l’intricata lore di Elden Ring – e qui qualcuno tirerà un sospiro di sollievo.

Il mondo è caduto, l’umanità è scomparsa e le macchine ne hanno preso il posto, ma il gioco non offre da subito risposte chiare. La storia si costruisce lentamente, attraverso suggestioni visive, brevi scambi di dialogo e una meticolosa ricerca.

All’inizio del gioco si è immersi nell’ignoto, con Zoe che si muove in un mondo privo di spiegazioni. Il gioco, però, premia il progresso con momenti di rivelazione ben circoscritti, affidati al racconto di un’entità rimasta per millenni in attesa. È con l’incontro con il programma S4VI, infatti, che le prime tessere del mosaico iniziano a comporsi.

La Terra era sull’orlo del collasso e cataclismi, pestilenze e carestie hanno estinto gli esseri umani. Il padre di Zoe, il dottor Archer, aveva previsto tutto questo, attribuendone le cause all’avidità e alla mancanza di responsabilità individuale degli esseri umani. Così aveva ideato un piano disperato, salvando una parte selezionata dell’umanità, i Seed appunto, e affidando a loro la possibilità di ripopolare la Terra in un futuro incerto.

Il cuore della trama, dunque, ruota attorno alla missione di Zoe di recuperare la coscienza del padre, frammentata in quattro diversi HUB, per poterla reintegrare e avviare un protocollo che forse può ancora salvare ciò che resta. Una narrazione che gioca sulla distanza emotiva, che procede a piccoli passi, alternando lunghi silenzi a snodi rivelatori.


Bug, limiti e frustrazioni, il peso tecnico del viaggio in Steel Seed


Sfortunatamente, il potenziale del gioco viene spesso dissipato dai numerosi bug. Durante la sessione di gioco, infatti, non sono mancati episodi fastidiosi, come glitch grafici, e frustranti, come nemici bloccati in loop ripetitivi, collisioni mancanti e crash improvvisi.

In certi momenti, è capitato che i comandi smettessero di rispondere in modo coerente, con ritardi nell’input o reazioni completamente sballate. Un problema che, in un gioco basato su tempismo e precisione, rischia di vanificare qualsiasi strategia. Va detto che si tratta di un primo approccio dello studio, alcuni problemi potranno sicuramente essere risolti con le prossime patch.

Steel Seed rappresenta, comunque, un titolo affascinante, realizzato con l’Unreal Engine 5, uno dei motori grafici più potenti, sviluppato da Epic Games. Altri videogame realizzati con questo nucleo software sono, ad esempio, The Blood of Dawnwalker, Tekken 8 e Solasta 2.

Curiosi di vedere le dinamiche stealth di Steel Seed? Eccovi un’anteprima, direttamente dalla nostra esperienza!

#INBREVE

C'è ancora speranza?

Storm in a Teacup cerca di rispondere a questo quesito con un platform energico, che si ripropone di affrontare temi estremamente attuali, come un possibile collasso dell’ecosistema, in chiave sci-fi. Accompagnare Zoe lungo il suo percorso di rinascita permette ai giocatori di riflettere, ancora una volta, sulla propria responsabilità riguardo al futuro del nostro pianeta, sempre, però, alternando schivate ed agguati alle elucubrazioni.

Appassionata di scrittura ed innamorata della cultura giapponese, trovo ispirazione sia nei racconti in cui mi immergo sia nei videogiochi che esploro. Attraverso manga, anime e la ricca tradizione artistica del Giappone, coltivo la mia creatività e la mia curiosità per mondi nuovi e avvincenti.

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