Suzume: il racconto di un viaggio tra le rovine del Giappone

Immagine di presentazione di Suzume

Suzume ci mostra un Makoto Shinkai diverso dal solito con una ragazza all’avventura per salvare il Giappone e ritrovare il proprio passato

Suzume no Tojimari (letteralmente “Le porte chiuse di Suzume” o “Suzume che chiude le porte”) è un film di Makoto Shinkai prodotto da CoMix Wave Films (la stessa di Flavors of Youth), lo studio d’animazione con cui il regista collabora fin dal suo primo lungometraggio. Il film è stato un evento economico e sociale, grazie agli incassi da record in tutto il mondo (in particolare in Cina dove è l’anime più visto di sempre) e ha concorso alla settantatreesima edizione del Berlinale. La pellicola è stata distribuita in Giappone da Toho l’11 novembre 2022, mentre, nel resto del mondo, da Crunchyroll a partire dal 12 aprile di quest’anno. In Italia il debutto è avvenuto nelle sale cinematografiche lo scorso 27 aprile.

Raccontare Suzume è come cercare il proverbiale ago nel pagliaio: è un viaggio tra le rovine del Giappone, fra realtà e un altrove onirico. Non a caso tutto si apre con una bambina in cerca della madre in un paesaggio innaturale. Una figura misteriosa si avvicina e le porge una sedia. Di colpo veniamo risvegliati, come Suzume dal solito strano sogno. Poi ogni cosa si ripete come sempre: la colazione con la zia, il tragitto verso la scuola… o forse no? Un bel ragazzo misterioso si inerpica su per la strada deserta e le chiede: «Hey, tu… per caso c’è una porta qua vicino?» Suzume non lo sa ancora, ma il nome di quello sconosciuto è Sōta e rispondendogli darà una direzione del tutto inaspettata alla propria vita tra porte, gatti e vermi mistici.


Punti saldi e spazio alla sperimentazione


Il film è una produzione di alta qualità e per coloro che già conoscono il suo autore la cosa non sorprende. Le animazioni sono fluide e le fisionomie proporzionate in ogni momento. Lo stile di disegno è caratterizzato da linee morbide, ma realistiche, sulle orme di quelli di Miyazaki. Le scene sono rappresentate nei minimi dettagli, tanto che ogni oggetto che vi compare è curato fin nel dettaglio, contribuendo a creare la sensazione di reale tipica di questo genere d’animazione. Ogni personaggio è espressivo e ben caratterizzato. L’uso della luce e la rappresentazione delle volte celesti colpiscono per l’inimitabile maestria, diventata marchio di fabbrica di Shinkai.

All’interno di tutte queste caratteristiche – che soddisfano appieno le aspettative degli spettatori affezionati – ci sono due principali sorprese: una trama più avventurosa e un uso più marcato dell’animazione 3D. Per quanto riguarda la trama, i lavori precedenti del regista sono sempre stati concentrati su storie d’amore struggenti, caratterizzate dai fortissimi sentimenti dei protagonisti. Basti pensare che Your Name – ad ora il suo più grande successo – racconta di un amore che supera tempo e spazio. Suzume, invece, ha una trama tutta spostata sull’avventura: il film si concentra sul viaggio della protagonista e la storia del suo amore per Sōta risulta essere solo una parte della narrazione. Narrazione per altro abbastanza peculiare, in quanto le cose semplicemente succedono, lasciando allo spettatore il compito di ricostruire il puzzle dietro alla storia.

Particolare del verme in CG

Per quanto riguarda la tecnica di animazione, Shinkai non ha mai fatto uso del 3D e, come ha recentemente sostenuto, predilige tuttora l’animazione manuale. Quindi cosa lo ha spinto a cambiare idea? La ragione più immediata devono essere i costi produttivi: la computer grafica è nettamente più economica delle tecniche tradizionali. Nel film quest’ultima viene usata in modo molto limitato: la vediamo applicata ad alcune riprese panoramiche, ai mezzi di trasporto e al verme mistico che fa da antagonista ai due protagonisti. L’animatore, inoltre, sembra restare quanto più fedele possibile alle proprie convinzioni: il 3D è il più possibile mimetizzato nel resto della scena e limitato agli elementi secondari. Solo il verme mistico, pur ponendosi al centro dell’attenzione, è realizzato in CG, tuttavia la sua natura mistica si accosta bene al senso di “finto” che la tecnica comunica.

Al di là delle questioni commerciali, comunque, sembra poco probabile che l’autore si sia semplicemente arreso alle pressioni del mercato. Shinkai  è un autore piuttosto influente e non è l’unico ad essere riluttante nell’uso della computer grafica. Miyazaki, su tutti, ha sempre categoricamente rifiutato l’uso della tecnica. Anche molte produzioni minori, che spiccano per la cura nel disegno, hanno applicato la stessa scelta del regista di Suzume: ovvero limitare l’uso della grafica 3D agli elementi secondari (generalmente i mezzi di trasporto). Sembra quindi che, al di là delle ragioni prettamente economiche, si stia delineando un preciso uso della computer grafica nel linguaggio espressivo dall’animazione giapponese. Probabilmente l’animatore, resosi conto dell’impatto che il 3D avrà sul proprio ambiente, sta cercando di fare proprio questo nuovo strumento espressivo attraverso esperimenti mirati.

LP dell'album Suzume

Ultimo, ma non per importanza, sembra necessario un piccolo accenno alle musiche. Infatti, la colonna sonora è stata prodotta dai RADWIMPS, lo stesso gruppo rock che si è occupato anche di Your Name e Weathering With You. Questa loro ultima fatica è stata un vero e proprio successo. L’album, omonimo del lungometraggio, contiene alcune perle di rara bellezza e probabilmente risulta essere la miglior produzione del gruppo finora. In particolare Suzume il tema principale della pellicola è un pezzo veramente evocativo, tant’è che è stato usato anche per il trailer. Le note incalzanti e i respiri cadenzati riescono a comunicare tutta la determinazione e l’impegno di chi cerca di combattere contro il destino. Una traccia incredibilmente potente e piena di energia, proprio come il film e la sua protagonista.

La colonna sonora nel complesso ha ricevuto un meritato successo e apprezzamento da parte del pubblico. Tanto che in Giappone, dopo l’uscita del film, ha raggiunto i primi posti delle principali classifiche e ora l’album verrà rilasciato in una prestigiosa versione in vinile da due dischi. Shinkai, parlando del suo rapporto con i RADWIMPS, ha detto che lui e il gruppo sono «le due ruote di una stessa bicicletta», a riprova dell’affiatamento tra i due. Affermazione quanto mai azzeccata visti gli ottimi risultati ottenuti nella collaborazione.


La conclusione di una trilogia che riflette sulla catastrofe


Le copertine di Your Name, Weathering With You e Suzume messe a confronto

Come quasi ogni opera artistica, Suzume è un po’ come un fiume con i suoi affluenti: nel flusso della vita dell’artista confluiscono dall’esterno vari temi e riflessioni. Egli raccoglie dagli affluenti spunti e temi, finché infine il suo vissuto non sfocia nel produrre qualcosa che li esprima. In questo caso l’autore è stato ispirato durante il viaggio che nel 2020 lo ha portato in tutto il Giappone per parlare di Your Name e Weathering With You. Perciò non sorprende molto che l’ultima pellicola sia legata ai due lavori precedenti. Infatti, i tre i film si concentrano su disastri naturali sconvolgenti. Per Your Name è la cometa; per Weathering With You la pioggia; per Suzume i terremoti. In tutti poi ci sono due ragazzi che lottano per contrastare le imminenti catastrofi.

A proposito del presunto legame fra i film, Shinkai stesso ha ammesso che retrospettivamente possono essere considerati parte di un’unica trilogia. Questo perché tutti e tre in realtà prendono le mosse da uno stesso evento, che ha segnato l’immaginario del regista, del Giappone e del mondo: ovvero il ‘grande terremoto del Giappone orientale’ (higashi nihon daishinsai), una potente scossa 9.1 sulla MMS (la peggiore registrata in territorio nipponico e quarta nel mondo) avvenuta al largo di Tōhoku (regione settentrionale di Honshū) nel 2011. Molti di noi la ricorderanno per gli eventi legati alla centrale nucleare di Fukushima.

Immagine di città abbandonata nel distretto di Futaba
Distretto di Futaba nella prefettura di Fukushima

Se Your Name e Weathering With You affrontano solo il tema della catastrofe in generale, Suzume prende di petto la questione facendo riferimento direttamente al terremoto nella trama e rendendolo il pericolo più imminente. Nonostante questo, il tema del disastro potrebbe sembrare trattato solo superficialmente nella pellicola. Infatti, durante il dispiegarsi della trama ci sono numerosi eventi sismici che però non sembrano mai preoccupare la popolazione. Allo stesso modo non ci sono mai scene che ne rappresentino le conseguenze. Il film non approfondisce nemmeno le conseguenze dell’evento a cui si riferisce.

Tuttavia, ci sono due aspetti da tenere in considerazione nell’analisi di questo aspetto. Per prima cosa i terremoti fanno parte della quotidianità giapponese, quindi essi hanno ben presente tutto ciò che vi è correlato. Secondariamente, se noi abbiamo seguito con il fiato sospeso gli eventi di Fukushima sullo schermo, gli abitanti dell’arcipelago li hanno vissuti. Per loro sarebbe riduttivo parlarne in un film che non tratti esclusivamente questo tema e quindi sarebbe una spiegazione rivolta esclusivamente al pubblico estero. In Suzume il terremoto e i suoi effetti sono semplicemente un dato di fatto ovvio.

Se guardiamo il film nel suo complesso ci rendiamo conto che il riferimento al terremoto è solo un espediente. Esso è il modo del regista per dirci quale sia stata la fonte di riflessione che ha ispirato in lui gli ultimi lavori. Lo stesso Shinkai ha detto che con il lungometraggio si conclude il suo filone apocalittico.


Un viaggio tra i simboli dello spopolamento per comprendere la perdita


Confronto tra Suzume e la Bungo Mori Roundhouse a Kusu
Suzume e la Bungo Mori Roundhouse a Kusu, Ōita, Kyūshū

Ciò, però, solleva un altro interrogativo: a cosa punta il tema della catastrofe in Suzume? Secondo noi il vero centro del discorso sono i luoghi teatro dello scontro tra i due protagonisti e il verme apocalittico: gli haikyo, letteralmente ‘rovine’ o ‘luoghi abbandonati’. Infatti, l’entità si protende nel nostro mondo da porte diventate finestre verso l’altrove e che devono essere chiuse prima che la creatura scateni terribili terremoti. Tali porte sono sempre situate in edifici diroccati che diventano quindi il teatro degli scontri.

In Giappone sono numerosissime le strutture abbandonate. In particolare, numerose località nella prefettura di Fukushima sono tutt’ora disabitate per via dei residui delle radiazioni della centrale nucleare in seguito al grande terremoto. Queste, insieme ai luoghi più iconici, devono essere state il riferimento visivo per le rovine realizzate nel film. Le vestigia vengono rappresentate in modo evocativo nella pellicola, che ci fa riflettere su come esse siano state teatro di vita e ricordi. Proprio il vuoto lasciato dalla vita che ormai ha abbandonato quei luoghi è il simbolo dello spopolamento. L’origine del problema dipende da vari fattori: principalmente dall’effetto dei disastri naturali, dall’esodo verso le aree urbane (Tōkyō è un chiaro esempio) e infine dal sempre minore numero di nascite. 

L’abbandono dei piccoli centri abitati è un disastro che sta lentamente corrodendo la nazione. Il lungometraggio porta la questione a galla e dimostra che la cosa sta acquisendo connotati apocalittici nell’immaginario collettivo giapponese. Nella stessa trama la comparsa del verme è legata a doppio filo alle memorie che sono custodite dalle strutture decadenti: proprio la mancanza di nuovi ricordi e il vuoto che essi lasciano sono la principale caratteristica di questi luoghi. Le rovine sono doppiamente simboliche. Da un lato esse rappresentano lo spopolamento come morte del territorio. Dall’altro l’abbandono come morte dell’edificio. Le strutture semidistrutte, vuote e silenziose appaiono naturalmente come morte. È il pensiero della quotidianità che quelle costruzioni una volta custodivano a risultarci suggestivo e malinconico.

Il verme sembra essere richiamato dalla sofferenza delle solitarie strutture dimenticate che vogliono essere ancora teatro di vita e ricordi. Suzume, infatti, nella propria lotta per serrare le porte si confronta con le memorie di coloro che hanno vissuto e visitato il luogo dove si trova il portale. Il suo percepire quella vita che non c’è più evidenzia la profonda solitudine di queste rovine. Coerentemente all’analogia tra l’abbandono e la morte, i due protagonisti nell’atto della chiusura recitano una formula che “restituisce il luogo alle divinità che albergano nella terra” e che ricorda la preghiera di un funerale.

Suzume che chiude una portaLa missione che conduce la protagonista a contatto con i ricordi custoditi dalle rovine allo stesso tempo la porta a confrontarsi con i suoi ricordi. Il misterioso altrove da cui fuoriesce il verme mistico, infatti è quello stesso paesaggio innaturale in cui all’inizio della pellicola vediamo vagare la ragazza da bambina. Suzume ha dimenticato la sua infanzia, assorbita dalla quotidianità, ed essa le si ripresenta in queste esperienze oniriche e soprannaturali. Nel suo viaggio per chiudere le porte la giovane cerca al tempo stesso di aprire quelle dietro cui è chiuso il suo passato. Un suggestivo contrasto che viene perfettamente rappresentato dall’ambiguità insita nel titolo: “Suzume che chiude le porte” o “le porte chiuse di Suzume”.

Suzume si ritrova a fronteggiare un passato che è legato alla scomparsa della madre (avvenuta nel grande terremoto del 2011) e ai suoi effetti sul presente. Oltre a svelare gli eventi che si celano dietro al ricordo apparsole in sogno, la ragazza approfondirà anche il suo rapporto con la zia Tamaki, che ha preso il posto della madre, e con Sōta, con cui sta nascendo una storia d’amore. Un viaggio che porta quindi la protagonista a confronto con la più grande delle perdite, la morte di una persona cara, e con il futuro che ne scaturirà.


In conclusione: qualcosa di diverso


Tirando le somme, possiamo dire che Makoto Shinkai ci ha dato qualcosa di profondamente diverso da quello che ci potevamo aspettare. Prima di tutto perché il film è un’avventura piuttosto che una storia d’amore. Un’avventura che ha tratti nettamente più fantasy dei precedenti film dell’autore, cosa che lo avvicina al suo modello Miyazaki. Questo accostamento appare come una via di mezzo tra un tributo e un confronto. Infatti, dopo Your Name i due registi sono stati spesso accostati.

A corroborare questa idea ci sono i numerosi riferimenti all’opera del veterano dell’animazione. Primo tra tutti quello di ambientare le prime scene a Miyazaki, città del Kyūshū. Oltre a questo se ne possono individuare di più significativi seppur meno palesi. Nella Città Incantata, ad esempio, il tema degli edifici abbandonati aveva già fatto capolino, seppur in modo del tutto secondario: il maggior successo di Miyazaki ha luogo proprio in un parco a tema abbandonato che ospita un altro mondo mistico ed onirico. La figura di Sōta richiama nel design quella di Howl: anche lui è uno stregone e anche lui dovrà essere salvato da una giovane ragazza maledetta (cosa che in un certo senso vale anche per Suzume).

Alcuni dei riferimenti a Miyazaki in Suzume

Inoltre, il viaggio della nostra protagonista è chiaramente ispirato a Kiki – Consegne a domicilio. Nella storica pellicola Kiki lascia la propria casa e parte per un lungo viaggio in cui diventerà adulta e indipendente. La bambina incontrerà lungo il percorso molte persone che la aiuteranno lasciando in lei qualcosa di importante, proprio come accade a Suzume. 

Eppure, evidenziare i rimandi  non fa che sottolineare le differenze. Egli rimanda al lavoro del proprio maestro, ma lo rielabora continuamente, spesso in senso opposto. Infatti, Suzume cerca di raggiungere il mondo mistico con il quale entra a contatto, mentre invece Chihiro vuole fuggirne. Ancora, la studentessa del Kyūshū inizia il proprio viaggio perché si assume le sue responsabilità e per risolvere il proprio passato, mentre Kiki viaggia per diventare adulta e proiettarsi verso il futuro.

Per queste ragioni il film sembra esser un modo per l’autore di congedarsi dal proprio maestro per proseguire la propria carriera in modo più autonomo. La decisione di Shinkai di usare la computer grafica potrebbe apparire come un’ulteriore conferma vista la posizione di Miyazaki. Un’autonomia che però difficilmente porterà ad una rottura definitiva. La volontà da parte del giovane regista di mantenere il disegno a mano come principale tecnica di realizzazione anche in futuro ne è una dimostrazione.

Purtroppo Suzume non si trova più in sala, almeno nei cinema a noi noti (se sapete di sale in cui è ancora in proiezione ditecelo). Tuttavia, visto che Crunchyroll si è occupata della distribuzione cinematografica speriamo che lo distribuisca anche on demand, anche se non ci sono ancora informazioni al riguardo. Detto questo vi auguriamo di poterlo vedere (o rivedere) su un qualche servizio di streaming al più presto! Prima di lasciarvi vi segnaliamo due articoli che potrebbero interessarvi:  Crunchyroll trasmetterà in streaming il film di Makoto Shinkai e l’annuncio dell’ultimo progetto di Kodansha.

#INBREVE
4.4

SUZUME IN BREVE: UN'AVVENTURA CHE PARLA DEL GIAPPONE DI OGGI

Conoscendo Makoto Shinkai, la storia di Suzume soprende visto che è incentrata sull’avventura piuttosto che sul romanticismo. Gli eventi si susseguono incalzanti “semplicemente accadendo”, senza spiegazioni per quanto sempre coerenti ed autoesplicativi. Anzi essi riescono perfino a parlarci dei problemi del Giappone moderno. Tutto questo rappresentato con la tecnica che si può aspettare dall’autore.

Suzume per Shinkai è di fatto un momento di svolta. Dopo gli altri recenti successi, con il suo ultimo film il regista mette un punto fermo per aprire un nuovo capitolo della sua carriera. Anche i riferimenti a Miyazaki, che suonano come un tributo al maestro, sembrano voler chiudere una volta per tutte il continuo confronto operato dalla critica tra i due.

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