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Alice in Borderland stagione 2, la fine dei giochi

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La serie basata sul manga di Haro Sano prosegue i game mortali con otto nuovi episodi, fino allo stupefacente (e divisivo) finale della saga.

Sembra ieri quando uscì Alice in Borderland – il 10 dicembre 2020, meno di un anno prima rispetto a Squid Game, – e già Arisu, Usagi, Chishiya e gli altri personaggi proseguono i game mortali in otto nuovi episodi. Pubblicata su Netflix il 22 dicembre 2022, la seconda stagione adatta altri dieci volumi dei diciotto che compongono il manga di Haro Aso, fino a giungere all’intenso finale della saga.

Grazie all’introduzione delle figure, all’approfondimento di alcuni personaggi e a interessanti cambiamenti nel mondo narrativo, la seconda stagione di Alice in Borderland riesce a rinnovarsi pur rimanendo fedele alla propria tradizione; tuttavia, è lo sguardo più maturo – tanto sui game quanto sugli altri partecipanti – a rappresentare il fiore all’occhiello di uno show destinato a durare ben oltre la propria trasmissione. A ciò si aggiunge un comparto visivo e sonoro all’altezza della storia, ottimo per valorizzare le frequenti scene d’azione. Meno conciliante è invece il finale, che, come vedremo (senza incorrere nello spoiler), risulta incapace di soddisfare le esigenze di tutti.

Ancor più rispetto alla prima stagione, sono palesi i riferimenti a Battle Royale – celebre romanzo del 1999 scritto da Koshun Takami, poi riadattato nel film del 2000 di Kinnji Fukasaku e nel manga serializzato dal 2000 al 2005 di Masayuki Tagaguchi e Koshun Takami stesso, – così come a Le avventure di Alice nel Paese delle MeraviglieAlice’s Adventures in Wonderland in lingua originale. Considerando l’assonanza con l’opera di Lewis Carrol, non sorprende che l’ultimo game della serie ricalchi l’immaginario onirico creato dallo scrittore britannico.

Eppure, per quanto i nuovi otto episodi insistano sul genere action, survival e horror claustrofobico in stile The Cube, alcuni elementi della narrazione ne prendono le distanze (o rimescolano le carte in tavola, rimanendo in tema); e questo deriva non soltanto dagli archetipi ricorrenti in altre forme narrative, ma anche (e soprattutto) dall’approccio più generale che alcuni personaggi scelgono di adottare. Ne deriva un prodotto difficilmente identificabile, specialmente nella seconda parte. Compito della recensione sarà fornire lo sguardo più omnicomprensivo possibile sulla seconda stagione di Alice in Borderland, così divisa tra tradizione e innovamento.

 


Figure: dal Re di Picche alla Regina di Cuori


Già il finale della prima stagione aveva anticipato come i game successivi avrebbero riguardato non più i numeri (ormai terminati), bensì le figure delle carte: Fanti, Regine e Re divisi tra i quattro semi, per un totale di dodici nuove prove. Il tutto sponsorizzato da enormi dirigibili pronti ad autodistruggersi in caso di vittoria dei partecipanti.

La seconda stagione di Alice in Borderland sceglie di concentrarsi su alcuni giochi a scapito di altri, che vengono soltanto accennati (o addirittura omessi, come nel caso della Regina di Quadri). Abbiamo quindi scontri fisici (Re di Picche, Fante di Fiori, Regina di Fiori, Fante di Picche, Re di Cuori), a metà tra la forza fisica e il gioco di squadra (Re di Fiori, Regina di Picche) o puramente psicologici (Fante di Cuori, Re di Quadri, Fante di Quadri). L’ultima prova è invece la Regina di Cuori, contenente in sé tutte le categorie precedenti e al contempo in grado di prenderne le distanze. Non sorprende che la destinazione finale di un mondo narrativo estremamente ambiguo ne rappresenti al meglio le caratteristiche principali.

Regina di cuori carta Alice in Borderland stagione 2

In generale, i game diventano non soltanto più difficili, ma anche caratterizzati da un ritmo serrato: i minuti di pausa tra l’uno e l’altro si contano sulle dita di una mano, e già il primo episodio, dopo una brevissima, riepilogativa introduzione, mostra Arisu in medias res mentre fugge insieme agli altri personaggi da una sparatoria. Perfino la separazione tra sede dei giochi e mondo esterno si fa sempre più labile, come dimostra ampiamente il Re di Picche – ma lo stesso vale per la morte e la non-morte dei personaggi, in risultati spesso snervanti e artificiosi.

Qualcuno potrebbe credere che uno spazio eccessivo destinato alle prove vada a scapito delle riflessioni più astratte, solitamente manifestate nei momenti di rilascio della tensione; ma questa seconda stagione, paradossalmente, riesce a esprimerle tali tematiche ancor più di quanto abbia fatto nella prima. Se è vero il principio secondo il quale moralità e attenzione per il prossimo emergono nei periodi difficili, i nuovi otto episodi ne rappresentano la massima espressione: i personaggi (e in particolare Arisu, Usagi, Chishiya e alcuni “rivali”) realizzano come una vita degna di essere vissuta non consista soltanto nel combattere a oltranza per la propria pelle, bensì nel creare una filosofia di vita che possa riequilibrare un mondo ormai distorto… anche a costo di sacrificare se stessi, quando necessario.

Chishiya Alice in Borderland 2

La portata della nuova predisposizione interna diventa ancor più grande, considerando l’oggettiva gravità del conflitto interno e la situazione deplorevole del micro-cosmo in cui i partecipanti si ritrovano ad agire. Sembrava impossibile che ideali così alti riuscissero a farsi strada in un’atmosfera tanto cruda, eppure Alice in Borderland, con una sapiente mossa narrativa, spinge a chiedersi se non sia proprio questo il terreno più fertile per riuscirci.

Tale tendenza “umanizzante” della seconda stagione è ben simboleggiata dai nuovi game: oltre a riguardare le figure di Fanti, Regine e Re, ben più rasserenanti degli asettici numeri, hanno al proprio interno un antagonista fisico con l’obiettivo di sconfiggere i partecipanti. Il nemico ha quindi un volto, così come quel gioco maledetto in cui si rischia la propria vita. Basti pensare al carisma del Re di Fiori, ai sentimenti della Regina di Picche o alla backstory del Re di Quadri.

Ma la loro funzione non si limita alla retorica: i personaggi sfrutteranno la sensibilità dei rivali per raggiungere i propri scopi, il tutto senza cadere nella discriminazione, nell’odio e nella mancanza di rispetto. Se prima contavano logica e forza fisica, ora potremmo dire che i game si vincono o perdono grazie agli ideali, se non addirittura (in alcuni casi) al dibattito puramente filosofico.

 


Trasformazione dei personaggi (umani e non)


La scarsa caratterizzazione dei personaggi è sempre stata un difetto di Alice in Borderland, soprattutto considerando come i game, con le loro regole peculiari, spingano Arisu, Usagi e tutti gli altri ad assumere un comportamento da protagonista tecnico, se non addirittura da automa. A ciò si aggiunge la grossolana esposizione della backstory appena prima che qualcuno muoia, nel (fallimentare) tentativo di commuovere lo spettatore.

Tuttavia, la seconda stagione corregge (almeno in parte) l’appiattimento psicologico ricorrente nella prima. Basti pensare al rapporto con i game stessi: alcuni personaggi vogliono tornare alle loro vite precedenti; altri riconoscono come il passato non sia stato così roseo; altri ancora, infine, desiderano ardentemente rimanere nella Tokyo distopica in cui lottano per la propria vita. «Niente più mensilità arretrate dell’affitto» dice Tatta a Kuina, pur preferendo tornare a casa. A non essere dello stesso avviso è Usagi: «Arisu, il mio vecchio mondo non mi rendeva così felice» afferma poco dopo. «Sono sicura di una cosa: non ho mai smesso di odiare quel mondo.» O ancora: «Se qualcuno mi chiedesse se voglio tornare indietro… io credo… credo che preferirei rimanere qui.» Ed è incredibile come entrambe le conversazioni si verifichino nel primo episodio, prima che alcuni interessanti sviluppi della trama cambino (di nuovo) le carte in tavola.

Altrettanta importanza viene conferita ai co-protagonisti: rispetto alla prima stagione, la seconda ha ancor più momenti in cui Arisu è assente (soprattutto negli episodi tre e quattro), lasciando così spazio agli altri personaggi che più conosciamo, alle nuovi comparse e ai vecchi ritorni; ma colui che trae più vantaggio dalle momentanee sospensioni del protagonista è probabilmente Chishiya, vera star di questa seconda parte. Vista la sua incredibile intelligenza, non sorprende che partecipi a ben due delle tre prove psicologiche (mentre la restante, una partita a mahjong, viene giocata da sconosciuti e riassunta nell’episodio sette).

Arisu e Usagi

Approfondimento psicologico, enfatizzazione dei co-protagonisti e ricerca degli ideali, come esponevamo nella sezione precedente; ma non stiamo forse dimenticando qualcosa? Un personaggio che, per quanto meno appariscente degli altri, è senza dubbio il motore principale di Alice in Borderland e di tutti i game che ne fanno parte?

Ci riferiamo al mondo narrativo, ovviamente. L'”altra Tokyo” in cui si combatte tra la vita e la morte subisce una profonda trasformazione nel corso di questi nuovi otto episodi; e tale cambiamento è assimilabile a un’evoluzione da un lato – il rifiuto di una civiltà moderna che ingabbia i sentimenti fino a lacerarli, – a un’involuzione dall’altro – un ritorno alla tribalità dalle leggi distorte. Non vale lo stesso per i partecipanti dei game, d’altronde? Sviluppata una nuova filosofia di vita, non sorprenderebbe se tornassero alla loro routine con uno sguardo radicalmente diverso sulla realtà; ma tra maschere, falò, torture e uccisioni (già prefigurate nella prima stagione), resta da chiedersi quali siano gli effetti a lungo termine della disgregazione umana che li circonda e compenetra.

La commistione tra mondo primitivo e moderno viene espressa anche dalle azioni dei protagonisti. Sempre più frequenti sono le scene nelle zone boschive (dove Arisu tenterà addirittura di catturare un coniglio), così come, appunto, la presenza degli animali. Ed è commovente quale creatura sia stata scelta per elevarla a simbolo di Alice in Borderland; perché i protagonisti hanno rivelato la loro parte più animalesca, questo è certo, ma senza tralasciare una grandissima intelligenza e moralità di fondo.

 


Un finale divisivo


“Prima il dovere, poi il piacere” dicono spesso i genitori ai loro bambini. Lo stesso vale per i game di Alice in Borderland; dove il dovere è fronteggiare le prove e rimanere all’oscuro della loro creazione, mentre il piacere un eventuale ritorno al mondo precedente e (tanto per i partecipanti quanto per gli spettatori) lo svelamento dell’arcano finale.

Ora i tempi sono maturi, e sempre più indizi posso essere raccolti per spiegare gli eventi irrazionali in cui i giocatori si ritrovano ad agire; inoltre, è chiaro come, in prossimità della resa dei conti, sia di vitale importanza appurare le regole più generali del gioco. Raccogliere tutte le figure permetterà davvero di tornare nella Tokyo di tutti i giorni? Svelare tali meccanismi faciliterà la vittoria dell’ultimo gioco? Il mondo in cui si trovano è una realtà parallela, adiacente o alternativa a quella reale? Oppure la prima è altrettanto autentica? Le domande senza risposta sono molte, troppe, eppure dalle risposte sempre più vicine.

Alice in Borderland stagione 2

A simboleggiare una complessità simile è il game finale, un perfetto mix di psicologia, forza fisica e onirismo. La prova creata dalla Regina di Cuori (interpretata dall’eccelsa Riisa Naka, con la voce italiana di Elisa Contestabile) rappresenta al meglio il cuore dell’intera saga; e lo fa non soltanto grazie ai suoi riferimenti ad Alice in Wonderland, ma anche attraverso la struttura ad “accumulazione” che abbiamo imparato a conoscere fin dal primo episodio. A ciò si aggiunge un tradimento delle aspettative davvero geniale (così come geniale dev’essere l’intuizione dei partecipanti, se vogliono riuscire nell’impresa). Perfino lo spettatore è chiamato a giocare come non ha mai fatto prima.

Forse la spiegazione conclusiva può risultare grossolana, vista la scarsa prefigurazione al riguardo e l’ambiguità di alcune dinamiche; eppure la narrazione è stata così ricca da permetterci si sorvolare su alcune imprecisioni. Non sorprenderebbe se lo spettatore, giunto alla rivelazione ultima, decidesse di riguardare la serie dall’inizio per contemplare il fuoco d’artificio qual è Alice in Borderland nelle sue mille sfumature. Soprattutto alla luce dell’immagine finale, un’ulteriore incognita che probabilmente continuerà ad assillarlo per il resto dei suoi giorni…

In chiusura, vi lasciamo ad altri nostri articoli, come la recensione della stagione 2 di Made in Abyss, e la recensione del secondo ciclo di episodi di Demon Slayer.

#INBREVE
3.5

ALICE IN BORDERLAND IN BREVE: TRA CONFERME E DUBBI

La seconda stagione di Alice in Borderland riesce a rinnovarsi pur rimanendo fedele alla proprio passato, generando un mescolamento di generi dalla difficile identificazione. L’introduzione delle figure, la nascita di ideali più alti e la trasformazione dei personaggi (umani e non) rappresentano un crescendo che culminano nel finale, perfettamente in linea con quanto visto finora (ma forse scarsamente prefigurato e contestualizzato). Infine, l’immagine finale è un ottimo espediente per rileggere gli eventi sotto una luce differente, spingendo lo spettatore a riguardare dall’inizio lo stupefacente fuoco d’artificio qual è la storia di Arisu, Usagi e tutti gli altri personaggi.

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