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Witch on the Holy Night: il capolavoro di Type-Moon, più splendente che mai

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Witch on the Holy Night recensione
Dopo dieci anni di attesa, finalmente Mahoyo – una delle più grandi visual novel fuoriuscite dalla penna del visionario genio Kinoko Nasu – ha ottenuto una versione occidentale localizzata in inglese. Riscopriamo insieme uno dei lavori più meravigliosamente delicati e complessi del Nasuverse, in una versione rimasterizzata per PS4/PS5 e Nintendo Switch.

Il genere delle visual novel non ha mai fatto troppo breccia nel cuore dei videogiocatori occidentali. Le ragioni sono multiple: se da un lato le avventure grafiche sono ancora considerate una nicchia per il grande pubblico (sebbene negli ultimi anni, grazie agli sforzi di studi come Quantic Dream e Supermassive Games, abbiano raggiunto un discreto successo), ciò che impedisce davvero alla maggior parte delle VN d’invadere gli scaffali dei negozi al di fuori del Giappone è la natura stessa di tali opere.

Da sempre, infatti, i “romanzi interattivi” nipponici vengono ritenuti poco appetibili per la loro inesorabile staticità, i cliché narrativi che spesso fanno sembrare ogni lavoro simile e lo sfondo erotico ecchi visto come eccessivo, forzato a favore del mero fanservice. Le poche eccezioni, come Steins;Gate (che viene universalmente riconosciuto come uno dei capostipiti del genere), non hanno mai avuto la forza di invertire le tendenze a favore dei giochi simili.

La reticenza dei publisher a esplorare altri mercati all’infuori di quello giapponese per le visual novel ha creato dei veri e propri “paradossi” nel mondo dell’intrattenimento, come quello di Type-Moon: lo studio creato dall’autore Kinoko Nasu e dall’illustratore Takashi Takeuchi è (ri)conosciuto come uno dei produttori di miglior qualità del genere VN, tanto che le opere della casa di produzione fondata a Tokyo hanno dato vita a un vero e proprio universo narrativo, il cosiddetto “Nasuverse“, che esiste anche all’infuori del medium videoludico e consta di decine di lavori paralleli tra anime, manga, light novel e short stories.

Per oltre due decenni, le VN di Type-Moon non hanno mai ottenuto una localizzazione ufficiale nemmeno in inglese, e l’aspetto più eclatante del “paradosso del Nasuverse” è come un franchise di grande popolarità in occidente quale Fate sia conosciuto ai più per i suoi innumerevoli adattamenti anime – tra poco potremo assistere anche al nuovo Fate/strange fake: Whispers of Dawn – e non per l’originale Fate/Stay Night, la visual novel che ne ha ispirato serie e film d’animazione. Inoltre, nel corso degli anni, una community sempre più numerosa si è appassionata alle opere di Type-Moon, portando alla realizzazione difan-translation” che hanno spopolato su Reddit.  Nemmeno iniziative simili, tuttavia, sono state in grado di smuovere il mercato per molto tempo.

Per questi motivi, il 4 luglio 2022 può essere considerata una data storica. Come un fulmine a ciel sereno, Aniplex of America aveva annunciato che Witch on the Holy Night, uno dei lavori più amati e conosciuti di Nasu, avrebbe ricevuto una traduzione in inglese e una pubblicazione occidentale a quasi dieci anni di distanza dalla release nella Terra del Sol Levante, diventando la prima VN del Nasuverse ad approdare nel nostro mercato.

E mentre lo stratificato mondo di Fate si arricchirà con la prossima uscita di Fate/Samurai Remnant, l’8 dicembre dello stesso anno, Mahoyo – così è conosciuto in Giappone – viene pubblicato in tutto il mondo su PlayStation 4, PlayStation 5 e Nintendo Switch in una nuova versione rimasterizzata in HD e con un doppiaggio inedito in giapponese, regalando ai giocatori di tutto il mondo la possibilità di godere di uno dei lavori più intensi e narrativamente brillanti dello scorso decennio. Tra atmosfere al tempo stesso cupe e sognanti, e con una colonna sonora in grado di far venire i brividi, Witch on the Holy Night è un’esperienza sensoriale che trascende i canoni del videogioco, e (a scapito di qualche piccola imperfezione) rientra a pieno titolo tra i piccoli capolavori di un’industria che ancora crede al videogioco come mezzo per raccontare storie di spessore.

 


“È da incipit cupi e senza pretese che prendono vita eventi straordinari.”


Dopo una breve schermata nella quale creare un nuovo file di salvataggio, il prologo del gioco inizia subito, senza essere preceduto da un menu o dalla classica pagina con le impostazioni. Sin dal suo incipit, Witch on the Holy Night impone il proprio ritmo unico al giocatore, rompendo gli schemi a cui è abituato da un’intera esistenza. L’opera di Nasu non è un videogame: è un’avventura che si sviluppa al di fuori (e a prescindere) dal gamepad.

Il “patto narrativo” tra Mahoyo e l’utente è chiaro dal primo istante: per godere della narrativa del gioco non è richiesto nessun tipo di abilità, neanche ragionare sulla scelta migliore per i personaggi. La differenza tra WOTHN e le altre avventure grafiche a cui siamo abituati risiede proprio in questo, in quanto la trama non ha uno sviluppo diramato, non esistono i finali “cattivi” o “buoni” (come avviene, per esempio, in Fate/Stay Night); inoltre, le (poche) scelte che abbiamo nel corso dell’esperienza di gioco hanno un impatto minore sul susseguirsi delle vicende.

Aoko e Sōjūrō, i protagonisti di Witch on the Holy Night

Come fossimo immersi all’interno di un romanzo visuale, le “pagine” delle varie schermate di gioco scorrono presentandoci una narrazione fatta e finita, che noi possiamo solamente apprezzare e ammirare. La storia di Mahoyo è quella di Aoko Aozaki, una giovane e apparentemente normale studentessa giapponese della fine dell’era Shōwa, presidente del consiglio scolastico, descritta da tutti come una ragazza fredda, maldestra e talentuosa, ma altrettanto distaccata. In realtà, la vita di Aoko è tutt’altro che normale: ella, infatti, è il membro più giovane della famiglia Aozaki, rinomata stirpe di maghi, e la giovane divide il suo tempo tra la sua carriera scolastica e la sua formazione nell’arte della stregoneria. A seguirla è Alice Kuonji, che vive con Aoko nella vecchia villa della famiglia di quest’ultima.

Un giorno, Aoko viene convocata improvvisamente a scuola per fare da guida a un nuovo studente, Sōjūrō Shizuki – terzo protagonista del gioco, – proveniente dalla campagna e dai modi di fare insoliti. È proprio dopo l’incontro tra la ragazza e il nuovo arrivato (il quale, nel corso della storia, si ritroverà a vivere insieme alle due ragazze nella villa degli Aozaki) che si scatenano una serie di eventi inaspettati che porteranno Aoko a dubitare di ogni cosa imparata sin dalla sua nascita, e a dover affrontare una graduale messa in discussione di ogni convinzione sulla sua famiglia e sul mondo dei maghi.

Tra intrusi misteriosi che sembrano avere intenti ostili nei confronti delle ragazze, misteri su cui i tre personaggi principali dovranno indagare e una serie di intrighi e colpi di scena da svelare, la narrazione complessa e affascinante di Mahoyo si discosta nettamente dai soliti stilemi delle visual novel. Perfino la fruizione dell’opera avvicina di più il titolo a una serie televisiva che a un videogioco.

Aoko e Alice intente a conversare nella villa Aozaki

Gli innumerevoli dialoghi all’interno degli sfondi ben curati e disegnati da Hirokazu Koyama possono essere letti con calma, cullati da un doppiaggio giapponese di qualità eccelsa, e il ritmo delle informazioni apprese nelle varie schermate è ben bilanciato, non lasciando mai il giocatore in balia di troppi dettagli su storia e personaggi tutti insieme. La storia è divisa in un totale di tredici capitoli, costituiti da uno o più scenari diversi, e il gioco si completa da solo alla fine dell’ultimo capitolo, in quanto non esistono conclusioni anticipate o le già menzionate bad ending.

Considerando che il gioco è esclusivamente dipendente dalla sua trama, e che soffermarsi su di essa equivarrebbe a incappare in svariati spoiler, non è possibile procedere oltre nel raccontare l’intreccio narrativo; tuttavia, un buon consiglio per chi volesse immergersi nel magico mondo di WOTHN è quello di non tralasciare nessuna pagina, e di soffermarsi soprattutto sulle interazioni tra i personaggi. I capitoli centrali – i più densi, sia per durata che per quantità di dettagli utili allo sviluppo della storia e alla comprensione del finale – rappresentano il punto più alto e ricco di emozioni nella sceneggiatura dell’opera, che, pur avendo alcune piccole forzature nello svolgersi degli eventi, rimane nel complesso estremamente appagante.

Pur non essendo un titolo adatto a tutti per la sua natura estremamente discorsiva e poco “attiva”, Mahoyo riesce a catturare anche i più scettici tramite un’atmosfera sospesa e malinconica, in grado di alternare momenti rilassati e piacevoli ad altri concitati e tensivi. Inoltre, altrettanto sorprendente è la componente “cupa” e macabra del gioco, capace di sorprendere e sconvolgere per la normalità con la quale certi passaggi evidenzino momenti crudi e inquietanti. Come sempre, la grandezza di Nasu si misura proprio nella sua capacità di trasmettere ogni emozione umana con disarmante semplicità. Il gioco permette di passare da una sensazione di gioia e tranquillità a una di angoscia e stress nel giro di poche righe, e in questo senso lo straordinario lavoro tecnico dietro alla produzione di Witch on the Holy Night permette alla penna del folle creativo giapponese di sbizzarrirsi, riuscendo a sorprendere chiunque nel corso della trama e regalargli un’opera unica nel suo genere.

 


Arte visiva e sonora


Ciò che sorprende di più di Witch on the Holy Night è il suo lato tecnico e artistico. Pur mantenendo il design degli sfondi e dei personaggi identico a quello della prima versione del gioco, uscita nel 2012, la rimasterizzazione in HD rende giustizia al meraviglioso lavoro fatto da Type-Moon. Le ambientazioni trasmettono tutto l’amore dello studio per i propri lavori: si passa dalla scuola, ricca di dettagli e colori, ad ambientazioni più gotiche come la villa Aozaki, a luoghi all’aperto dotati di un fascino ineguagliabile. Anche lo stile dei compagni di viaggio che ci seguono nel corso dell’avventura è brillante e curato nei minimi dettagli. Ogni diverso disegno di Aoko, per esempio, riesce a comunicare alla perfezione i vari stati d’animo della giovane, e ogni altro personaggio ha un design unico, che riesce a essere al tempo stesso familiare e innovativo, anche per chi conosce bene le altre opere del Nasuverse.

A rendere davvero straordinaria l’opera è, tuttavia, il suo comparto sonoro. Il doppiaggio giapponese non ha nulla da invidiare alle più grandi produzioni dell’industria dell’animazione, e i lunghi dialoghi del gioco (che senza il parlato potrebbero risultare pesanti soprattutto per i giocatori meno avvezzi al genere) vengono resi molto più piacevoli dall’accompagnamento vocale dei vari seiyuu che impreziosiscono l’esperienza di WOTHN.

La mancanza di animazioni viene infatti sopperita dagli effetti sonori (come per esempio i passi dei personaggi, o i rumori di sottofondo), dalle innumerevoli transizioni tra una scena e l’altra e i dialoghi doppiati, che regalano ai giocatori un’esperienza simile a quella di un anime vero e proprio (in attesa dell’uscita del film di Witch on the Holy Night nel corso del 2023 per mano dello studio Ufotable).

Alice Kuonji

La colonna sonora di Mahoyo è tra i lavori più artisticamente raffinati presenti all’interno del genere delle visual novel, e non solo. Curata dal genio di Hideyuki Fukasawa, ogni brano che compone la soundtrack del gioco riesce a esprimere emozioni uniche. Sin dall’introduzione, il titolo ci trasporta in un’altra dimensione, e più di una volta il giocatore desidererà non andare avanti con la storia solamente per ascoltare fino all’ultimo secondo le composizioni di Fukasawa.

Le composizioni a piena orchestra caricano i momenti più intensi della trama, mentre i delicati pezzi di piano – alcuni di essi sono riarrangiamenti di componimenti classici di artisti del calibro di Debussy – coccolano gli utenti all’interno di ambienti come la villa. In un periodo storico nel quale l’industria del gaming corre sempre più verso la produzione a nastro senza lasciare la possibilità ai creativi di esprimere il loro enorme talento, riscoprire la OST di Witch on the Holy Night ci ricorda quanto la bellezza di un videogioco passi necessariamente attraverso le mani degli artisti che sanno emozionarci anche con una singola nota.

 


Più (e meno) di un videogioco


Uno degli aspetti più interessanti di Mahoyo (che permette di comprendere molto della struttura complessiva del lavoro) è la sua nascita. La storia di Aoko, infatti, è stata la prima opera ideata da Nasu – ispirato dall’episodio iniziale di Neon Genesis Evangelion – ed era stata concepita originariamente come romanzo, senza però ricevere molto interesse da parte delle varie case editrici da lui contattate. Soltanto dopo la creazione dello studio Type-Moon (e ai successi di Fate e Tsukihime) finalmente il visionario scrittore è stato in grado di dare vita all’affascinante WOTHN. Lo stesso Nasu, in varie interviste, ha confermato come il suo più grande orgoglio è stato quello di essere riuscito a creare con il gioco inizialmente uscito nel 2012 una storia che potesse sentire totalmente sua e completa, trasformandola in una VN.

Il processo artistico che ha portato all’uscita di Witch on the Holy Night racchiude al suo interno il miglior pregio e il peggior difetto che possiamo riscontrare in questa avventura grafica. Se, infatti, l’intera struttura del titolo si regge su una narrativa brillante e che nulla ha da invidiare a capolavori dell’animazione giapponese, è innegabile che l’esperienza di gioco sia estremamente limitata.

Basti pensare al fatto che, per i giocatori più pigri che non hanno voglia di continuare a premere il tasto avanti per passare da una pagina all’altra, c’è la possibilità di avviare la riproduzione automatica del gioco, richiedendoci quindi solamente di leggere dei dialoghi e gli intermezzi descrittivi. Inoltre, la quasi totale mancanza di scelte da compiere (o che, comunque, sono davvero poco rilevanti ai fini della trama), rappresenta al tempo stesso un’importante decisione autoriale (sicuramente apprezzabile) di non volersi piegare ai canoni del genere e una limitazione molto forte all’idea di videogioco visto come invito all’interazione e al rapporto creativo tra produttore e consumatore.

Il non sentirsi mai in grado di poter cambiare gli eventi libera l’utente di un “peso” che tuttavia non viene mai percepito come tale, in quanto egli vuole (e deve) sentirsi parte dell’esperienza per poter definire completa la sua avventura in un’opera videoludica. È difficile schierarsi da questo punto di vista, ma di certo la scelta di Nasu non può che essere vista come l’ennesima dimostrazione di come questo autore sia differente dagli altri.

Touko Aozaki, la sorella di Aoko

Purtroppo, Mahoyo risente del suo non essere un vero e proprio videogame anche dal punto di vista delle opzioni e dell’accessibilità. Le uniche variabili che si possono modificare, nella schermata delle impostazioni, sono la velocità dei dialoghi, lo sfondo alle scritte e il colore delle linee di dialogo a seconda del personaggio parlante. Troppo poco per un produttore come Type-Moon nel mercato attuale, anche se si tratta di una versione rimasterizzata di una IP che appartiene a un’era videoludica precedente.

Inoltre, purtroppo non stupisce che, ancora una volta quando si tratta di videogiochi giapponesi, la localizzazione inglese non sia all’altezza del tipo di prodotto che viene presentato. Tra piccoli refusi, errori di contesto o di “tono” e passaggi poco chiari e tradotti fin troppo letteralmente, la sensazione di perdere qualcosa dal punto di vista linguistico per chi non è in grado di comprendere il giapponese ci fa compagnia dall’introduzione ai titoli di coda.

Molto interessante è, invece, la sezione extra del gioco, dove è possibile trovare, raccolti in uno scaffale come dei veri e propri libri, tutta una serie di capitoli e di storie secondarie, che non influiscono sulla trama principale, ma che ci danno interessanti informazioni sui personaggi e sulle loro vite, non troppo approfondite dalla main story. Il consiglio è quello di leggerle tutte, in quanto permettono di comprendere meglio il mondo di gioco e , in un certo senso, le motivazioni dei vari attori coinvolti nella storia.

Aoko Aozaki che utilizza la propria magia

In definitiva, cosa ci lascia Witch on the Holy Night? È difficile recensire un titolo del genere mettendolo all’interno dei classici stilemi a cui siamo abituati da decenni. Sicuramente, la narrazione ipnotica che non cala mai di livello dall’inizio alla fine è un ottimo motivo per immergersi nel mondo ideato da Nasu per le trenta ore circa che servono a completare nella sua interezza il gioco con tutti gli extra. Il modo migliore per fruire di un capolavoro così intensamente delicato è quello di accettare il patto narrativo di un autore che non si è mai piegato all’industria, in grado di sorprendere e affascinare anche lo spettatore più freddo e distaccato.

Del resto, questo è il significato più profondo dell’arte di raccontare: a prescindere dal medium, la cosa che conta di più sono le sensazioni che una storia sa comunicare. E Mahoyo regala talmente tante emozioni che è impossibile non commuoversi dinanzi alla sua bellezza. Non poteva esserci introduzione migliore alle VN di Type-Moon, nella speranza che questo sia solo il primo di una serie di tanti capolavori dello studio giapponese di cui potremo godere anche noi, videogiocatori occidentali in grado di emozionarci davanti all’impenitente umanità dei personaggi del Nasuverse.

#INBREVE
4.7

WITCH ON THE HOLY NIGHT IN BREVE: UN'OPERA D'ARTE MERAVIGLIOSAMENTE CUPA

Il merito che ha avuto Mahoyo più di dieci anni fa è stato quello di trasformare la visual novel – genere spesso caratterizzato da scene ecchi e da dialoghi eccessivamente assurdi e poco appetibili per un pubblico occidentale – in un tipo di opera in grado di sfidare le sue stesse regole per mettere a nudo la prima necessità che deve rispettare l’arte per essere fruita: il pathos. Tramite il rifiuto di ogni tipo di norma che ha sempre fatto parte delle VN (l’estrema ramificazione dei finali, l’eccessivo controllo dell’utente sull’esperienza di gioco, la presenza di scene ripetitive e riempitive solo per fare del semplicistico fan service) e la rottura della “quarta parete” che avviene più di una volta nel corso della trama, WOTHN sceglie di guidare lo spettatore all’interno del suo mondo senza che egli possa mai sentirsi il burattinaio degli eventi che vengono mostrati. Sorprendendo, estraniando e sconvolgendo chi decide di immergersi nella sua storia con scelte mai banali e a volte disturbanti, Type-Moon con il suo capolavoro ci ricorda che siamo tutti insignificanti nei confronti dell’arte e del suo momento creativo, che può e deve appartenere solo a chi le dona vita.

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