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Anime

Demon Slayer stagione 2, recensione: un capolavoro tecnico e narrativo

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La nuova tranche di diciotto episodi, divisa in due parti, dimostra ancora una volta la qualità dello studio Ufotable e del manga di Koyoharu Gotōge su cui l’anime è basato.

Tra le voci più autorevoli dell’animazione contemporanea rientra sicuramente Demon Slayer – in lingua originale, Kimetsu No Yaiba, – serie tratta dal manga di Koyoharu Gotōge che con la sua prima stagione nel 2019 aveva infranto ogni record di popolarità in Occidente per un anime giapponese.

Il secondo ciclo di episodi, uscito nel 2021, ha confermato quanto la storia di Tanjiro Kamado e dei suoi compagni riesca a stupire attraverso una semplicità disarmante, difficilmente vista in passato anche con mostri sacri come Dragon Ball o Naruto. Per questo motivo, non sorprende che alla fine del 2022 Crunchyroll, la piattaforma ospitante la serie, abbia incluso il doppiaggio italiano dei due archi narrativi di cui si compone la seconda stagione – Mugen Train (sette episodi) e Entertainment Distric (undici episodi) – come parte dell’operazione di “apertura” del noto portale americano a una delle eccellenze del Bel Paese; al contempo, ha riportato la tendenza al centro del mercato, come testimoniano la prima stagione di Tokyo Revengers o il bellissimo film Jujutsu Kaisen 0, disponibili su Crunchyroll anche nella nostra lingua.

La qualità dell’anime prodotto dallo studio Ufotable e basato sul manga di Koyoharu Gotōge continua a essere alta, se non addirittura superiore alla prima stagione. In generale, spiccano il comparto tecnico, la coesione narrativa e l’approfondimento dei personaggi principali, a cui si aggiunge la caratterizzazione di due dei nove Pilastri partendo pressoché da zero: ci riferiamo a Kyōjurō Rengooku per il Mugen Train Arc, Tengen Uzui per l’Entertainment Distric Arc.

Gli eventi ripercorrono i primi undici volumi del manga, per un totale di novantasette capitoli. Ma Demon Slayer non accenna a terminare: il film Verso il villaggio dei forgiatori di katana è atteso per questo mese, mentre la terza stagione per il prossimo aprile. In attesa di nuove informazioni, ripercorriamo le avventure più recenti di Tanjiro, Nezuko e tutti gli altri ammazzademoni!

 


Tecnica di disegno (e di lotta)


La prima stagione di Demon Slayer ha rappresentato uno spartiacque nell’animazione giapponese non soltanto per la qualità narrativa, ma anche per il monumentale comparto tecnico. Sembrava impossibile che Ufotable riuscisse a mantenere un livello simile per i nuovi diciotto episodi, eppure non soltanto ci è riuscito, ma l’ha addirittura superato.

La pulizia del tratto, la varietà cromatica, il gran numero di frame e alcune scene in animazione digitale (come quelle del Mugen Train e del demone Enmu che prende il controllo di esso) concorrono a un risultato di rara ricchezza. Ciò vale soprattutto per gli scontri fisici, veri capolavori di animazione. Ben delineate sono anche le musiche – da Akeboshi a Shirogane, da Zankyou Sanka a Asa ga Kuru – e le brevi gag collocate alla fine degli episodi, funzionali nello sperimentare stili espressivi sempre nuovi.

Quanto all’adattamento italiano, il lavoro è ottimo, ma non all’altezza dell’opera originale. Da un lato, ascoltiamo le voci di autentici professionisti: basti pensare ai doppiatori di Kyōjurō Rengooku (Andrea La Greca) e Tengen Uzui (Maurizio Merluzzo, già ascoltato nei panni di Theo Magath ne L’attacco dei giganti, Mirio Togata in My Hero Academia e Torgrim in Vinland Saga), ma anche Akaza (Federico Viola), Daki (Gea Riva) e tanti altri. Dall’altro lato, però, alcune scelte “grafiche” sono deludenti. Innanzitutto, le scritte giapponesi presenti sugli oggetti e sugli occhi delle Lune Demoniache vengono tradotte attraverso grossolani riquadri sovrapposti, i quali, tra l’altro, si muovono a scatti, hanno una risoluzione bassa e abbandonano di tanto in tanto la sovrapposizione iniziale per seguire l’occhio della telecamera; senza contare l’inevitabile perdita del testo originale. Ciò che rende ancora più incomprensibile tale scelta è che, nella versione sottotitolata uscita su Crunchyroll nel 2021, le parole giapponesi erano stati tradotti in maniera più “elegante”, con scritte in rilievo nella parte inferiore dello schermo.

Inoltre, altrettante imprecisioni riguardano il rapporto tra la traduzione vocale e quella testuale. Nell’episodio Se fosse vero, ad esempio, il demone Enmu illustra il mondo dei sogni parlando di subconscio, mentre sullo schermo compare la scritta “inconscio”; similmente, Tengen Uzui afferma durante una gag che «Il titolo del prossimo episodio è Quando sconfiggeremo una Luna Crescente», quando invece su Crunchyroll figura Una volta sconfitta una Luna Crescente.

Queste discrepanze derivano probabilmente dal rapporto tra il produttore Dynit e la piattaforma Crunchyroll: il primo ha curato l’adattamento e il doppiaggio, mentre il secondo la traduzione e la distribuzione, generando un insieme di elementi mal integrati nel risultato finale.


Il treno Mugen e il Quartiere dei piaceri, due mondi coesi


La scelta di dividere la seconda stagione in due parti può apparire confusionaria, ma in realtà è dettata da regole tanto produttive quanto narrative. È soprattutto su queste ultime che ci concentreremo, considerando come il Mugen Train Arc e l’Entertainment Disctric Arc rappresentino mondi narrativi dagli elementi estremamente coesi.

Nel primo caso, l’immagine centrale – il Mugen Train, appunto – che fa da sfondo degli eventi narrati articola tutto il resto al fine di potenziare la propria identità. Tra queste connessioni ricordiamo soprattutto i due antagonisti principali, ossia Enmu e Akaza. La Prima Luna Calante approfitta dell’obliterazione dei biglietti per provocare sonni tempestati da incubi, mentre la Terza Luna Crescente, oltre ad avere un corpo dall’aspetto “meccanico”, utilizza l’aria come arma da combattimento. Quali espedienti migliori per rimandare al treno e a tutto ciò che gravita intorno a esso? I biglietti, la sonnolenza dei passeggeri e la corrente dei finestrini vengono sfruttati magistralmente, fino a creare regole narrative incredibilmente verosimili e potenziare al contempo l’atmosfera dei primi sette episodi. Perfino i demoni minori agiscono in tal senso, poiché il primo sfreccia lungo i binari come farebbe una locomotiva, mentre il secondo ha arti lunghi e segmentati, perfetti per avanzare tra i sedili.

In particolare, le azioni di Enmu sono quelle che più fra tutte ricalcano la fisicità del treno: lo scontro tra lui e Tanjiro avviene sopra i binari (con tutte le problematiche di ristrettezza e instabilità che ne derivano), per poi proseguire con un’ibridazione tra uomo e macchina dal sapore cyberpunk, se non addirittura transumanista. Infine, vanno ricordati alcuni termini che rimandano al movimento (come il titolo del quinto episodio, Andiamo avanti), i poteri elettrici di Zenitsu e il Pilastro della Fiamma Kyōjurō Rengooku, una sorta di “carbone ardente” che alimenta tanto il Mugen Train quanto la vita dei suoi passeggeri.

Lo stesso vale per l’Entertainment District Arc: in un quartiere incentrato sul piacere fisico, i riferimenti sessuali non mancano di certo. Stavolta a fronteggiare gli ammazzademoni è Daki, la Sesta Luna Crescente che viene affiancata dal fratello Gyutaro (fino a suggerire che sia quest’ultimo il vero antagonista). Lo stile di combattimento della donna è erotico, e non soltanto per il suo abbigliamento, ma anche per i suoi gesti, il tessuto utilizzato come arma, le configurazioni assunte dalla spada di Tanjiro in relazione al suo corpo e le frasi da lei pronunciate, vagamente ammiccanti e provocatorie. «Non ti muovi così male» dice al protagonista durante lo scontro, o ancora: «Mi sto divertendo», fino a concludere: «Beh, devo ammettere che stai iniziando a piacermi, ammazzademoni.» Quanto a Gyutaro, ha una fisionomia e uno stile di lotta simili a quello di una mantide, insetto che, come sappiamo, divora il maschio durante l’atto riproduttivo o subito dopo, partendo perlopiù dalla testa; perciò non sorprende che fratello e sorella vengano decapitati svariate volte, rimandando ancora una volta alla sfera sessuale.

Altrettanto erotismo viene veicolato dagli ammazzademoni (come Inosuke, che nell’episodio Una volta sconfitta una Luna Crescente rimanda alla sessualità attraverso gesti comici) e soprattutto da Tengen Uzui, vera star dell’Entertainment District Arc. Grazie al suo fascino, alle spiccate capacità sociali e al rapporto con ben tre mogli, ogni azione del Pilastro del Suono concorre ad agire «in modo sgargiante», in linea con l’atmosfera del quartiere dei piaceri. Al contrario, lo scenario degli eventi diventa una metafora della “decadenza”, perché persino un luogo così animato deve distruggersi all’arrivo dei demoni; e quando case, strade e luci finiranno distrutte, la storia mostra in maniera inesorabile il passaggio da un’esplosione di vita a uno smorto (ma necessario) grigiore.

Più in generale, gli ultimi undici episodi si concentrano sulle donne e sul loro rapporto con gli uomini, anche da un punto di vista puramente affettivo. È il caso di Nezuko e Tanjiro, che in questa fase narrativa approfondiscono il loro rapporto, ma anche di Gyutaro e Daki, caratterizzati dalla loro triste backstory. D’altronde, nella concezione della società attuale, la femminilità esprime al meglio la bellezza estetica, ed ecco spiegati i motivi floreali sul corpo di Nezuko, lo scontro “tra donne” di Nezuko stessa e Daki, lo spazio sempre maggiore dedicato alla defunta madre, i tre archetipi caratteriali corrispondenti alle tre mogli di Tengen Uzui e moti altri elementi dell’Entertainment District Arc.

Non per questo la bruttezza va discriminata. «Non ne posso più di te, sei inguardabile» afferma Daki a Tanjiro. «Trovo che non ci sia alcun valore nella vita delle persone brutte.» O ancora: «Noi demoni siamo belli e potenti e facciamo quello che vogliamo.» Eppure si sbaglia, perché la contrapposizione estetica (e sociale a sua volta) tra ciò che viene ritenuto “bello” e ciò che viene considerato “brutto” dev’essere abbandonata. A suggerircelo è la distruzione del quartiere dei piaceri e il travestimento imbarazzante a opera di Tanjiro, Zenitsu e Inosuke, il quale, oltre a veicolare il libero arbitrio dell’individuo in ambito sessuale (e a far sfigurare i tre protagonisti agli occhi di Tengen Uzui, nel loro caso), ricorda come il valore trascenda qualsiasi tipo di preconcetto.

 


Un periodo di crescita


L’Entertainment District Arc rappresenta un periodo di crescita (anche sofferta) per molti personaggi, soprattutto per i quattro protagonisti principali.

In particolare, Tanjiro è colui che più fra tutti sente l’esigenza di abbandonare la vecchia versione di se stesso per abbracciarne una nuova, padroneggiando tecniche sempre maggiori. Durante il Mugen Train Arc ha subìto pesanti perdite, e il passaggio che intende realizzare è ben rappresentato dall’apprendimento della Danza del Dio del Fuoco a scapito della Respirazione dell’acqua, considerata come meno adatta per il suo corpo. «Con la respirazione dell’acqua non sarò mai all’altezza di Urokodaki o di Tomioka» realizza durante lo scontro con Daki, per poi aggiungere: «Io indubbiamente non sono un prescelto.» La mancanza di un programma prestabilito rende il percorso arduo, ma anche influenzabile dal libero arbitrio.

Il ragazzo riflette inoltre sulle strade intraprese, su quelle che avrebbe potuto intraprendere e su come ogni scelta influenzi il suo futuro e quello degli altri. Di fronte al rapporto tra Daki e Gyutaro, ad esempio, contempla la degenerazione che lui e Nezuko sono riusciti a evitare, mentre durante gli incubi provocati da Enmu valuta gli effetti a breve e a lungo termine del rifugiarsi nel proprio passato – ma lo fa attraverso ricordi della famiglia che, per quanto commoventi, profondi e utili ai fini della trama, risultano forse eccessivi. Infine, rivela per la prima volta importanti dettagli sulla sua cicatrice e sui suoi orecchini, svelando un mistero su cui i fan della serie dibattono da molto tempo.

Lo stesso vale per Zenitsu (sempre più padrone della Respirazione del Fulmine, quantomeno nei suoi momenti di sonnambulismo), Inosuke (mai stato così a lungo senza la maschera del cinghiale) e soprattutto per Nezuko. La ragazza, pur ancora traumatizzata dalla tragedia del primo episodio della serie, manifesta le proprie emozioni come non ha mai fatto, al punto che l’episodio Trasformazione ci permette di entrare nel suo mondo interiore in un’operazione commovente e sublime senza precedenti all’interno dell’opera. Ricordiamo infine la caratterizzazione dei due pilastri Kyōjurō Rengooku e Tengen Uzui, in grado di sfruttare quel poco tempo a disposizione per imprimersi indelebilmente nella mente dello spettatore (così come farà Mitsuri Kanroji nella terza stagione; nell’attesa, puoi leggere 5 curiosità sul Pilastro dell’Amore).

In tal senso concorrono gli eventi stessi della seconda stagione: i quattro protagonisti si ritrovano ad agire separatamente per la maggior parte del tempo (soprattutto nell’Entertainment Distric Arc), con tutte le possibilità di approfondimento che ne derivano. Forse la storia avrebbe potuto dirottare parte dell’attenzione dagli scontri fisici al mondo interiore dei personaggi o ad alcuni interrogativi irrisolti, come il salvataggio dei civili o la forgiatura della nuova spada di Tanjiro; ma resta da chiedersi se Demon Slayer, nella sua semplicità ormai emblematica, non riesca a veicolare profondità proprio grazie alla forma universale di cui si riveste da sempre.

 

#INBREVE
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DEMON SLAYER - STAGIONE 2 IN BREVE: UN CAPOLAVORO TECNICO E NARRATIVO

I nuovi diciotto episodi di Demon Slayer riescono nell’arduo interno di superare la prima stagione da un punto di vista tecnico, a fronte di un adattamento italiano che ha mostrato alcuni problemi produttivi. Il Mugen Train Arc e l’Entertainment District Arc costituiscono due mondi coesi nei quali i personaggi (e soprattutto Tanjiro e Nezuko) possono evolvere. La semplicità degli eventi può risultare eccessiva, ma probabilmente concorre a esprimere quell’intimità narrativa che caratterizza la serie fin dal primo episodio.

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