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Dungeon Food, la recensione del primo volume: cibo e mostri!

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copertina dungeon food

Così come esistono diversi modi per affrontare un mostro, ne esistono tantissimi anche per cucinarlo. Dungeon Food immerge lo spettatore in un mondo fantasy in cui i mostri non rappresentano soltanto un pericolo, ma anche una possibile risorsa. Qui la nostra recensione! 

Edito per la prima volta in Giappone nel 2015, Dungeon Food (Delicious Dungeon in inglese) è un manga scritto e disegnato dalla mangaka Ryoko Kui. Serializzato sulla rivista seinen Harta, ad oggi conta quattordici volumi.

Il manga ha ricevuto un’ottima accoglienza sia da parte della critica che da parte del pubblico. Ad agosto 2017, infatti, i primi due volumi avevano raggiunte i due milioni di copie vendute.

In Italia il manga arriva nel 2017 grazie alle pubblicazioni di J-Pop, che ad oggi ha pubblicato dodici dei quattordici volumi usciti. Gli ultimi due sono previsti per il mese di aprile. Proprio grazie a J-Pop, noi di Animaku abbiamo avuto la possibilità di ricevere e recensire per voi il primo volume della saga.

Dal 4 gennaio 2024 è anche iniziata la messa in onda, con la cadenza di un episodio a settimana, dell’omonimo adattamento anime da parte di Netflix.


Un antipasto classico 


L’incipit di Dungeon food è quanto di più classico ci si possa aspettare da un’opera di genere fantasy. Un gruppo di avventurieri composti di il guerriero Laios, la maga Marcille e il ladro Chilchuck vengono sconfitti nelle profondità del dungeon da un drago rosso. In seguito a una fuga rocambolesca si accorgeranno di aver perso un membro del parte, la maga Falin, nonché sorella di Laios, mangiata viva dallo stesso drago. I tre compagni decideranno di rientrare nel dungeon per raggiungere la ragazza e salvarla, prima che venga digerita dal mostro.

A corto di risorse, però, i nostri eroi dovranno fronteggiare un nemico ben più temibile dei mostri che popolano il dungeon: la fame. Proprio a questo proposito scopriremo uno dei desideri di Laios, ovvero quello di scoprire che sapore hanno i mostri che ha sempre affrontato. Non avendo nessuno strumento o capacità per poterli cucinare, si affideranno a Senshi, un guerriero nano con un’ampia conoscenza culinaria, che si unirà a loro per realizzare il suo sogno: cucinare un drago rosso. Questa buffa e pittoresca gilda inizierà quindi la sua avventura tra tortini di pianta carnivora e basilisco alla piastra.

Anche l’impostazione del worldbuilding riprendere gli stilemi classici del genere fantasy: avventurieri di tutto il mondo si riuniscono in gruppi, qui chiamati gilde, per addentrarsi nei Dungeon con la speranza di trovare Il Regno d’Oro, un tesoro andato perduto in un dungeon su un’isola.


Il cibo come punto cardine dell’opera


Se l’incipit può sembrare qualcosa di già visto, quello che invece contraddistingue in maniera quasi unica Dungeon Food è proprio la centralità dell’aspetto culinario. La tematica del cibo non è solo centrale per la trama, ma lo è in tutti gli aspetti dell’opera.

In ogni capitolo del primo volume la trama dell’opera si sviluppa in due modi: il primo è attraverso la trama orizzontale del manga, quella che vede la gilda capitanata da Laios addentrarsi sempre più nelle profondità del dungeon per salvare Falin. L’altra è una trama verticale che ha un suo arco narrativo, inizio,  sviluppo e conclusione, all’interno del singolo capitolo. Per quanto riguarda la trama abbiamo già due importanti ruoli svolti dal cibo, il bisogno e il desiderio. Il bisogno perché nutrirsi è l’unico modo che i personaggi hanno per sopravvivere e rimanere in forze per poter raggiungere il loro obiettivo. Il desiderio perché sia Laios che Senshi non vedono il mangiare i mostri solo come necessità, ma hanno uno scopo personale. Se il manga di Kui si limitasse a questo, risulterebbe abbastanza semplice e banale.

pagina dungeon food

Arriviamo quindi al secondo punto per il quale il cibo è centrale nell’opera: il disegno. Una degli aspetti fondamentali della cucina è la presentazione. Non a caso è diventata di uso comune l’espressione di Apicio “mangiare prima con gli occhi”. Espressione che Ryoko Kui aveva sicuramente ben presente. Infatti uno dei punti più forti del manga è proprio quello di riuscire a suscitare il desiderio nello spettatore di assaggiare i piatti che consumano i nostri avventurieri. Non potendone né sentire l’odore né tantomeno il sapore, il solo modo che lo spettatore ha di immedesimarsi nei protagonisti è tramite il senso della vista. Chiaramente, essendo un’opera giapponese, gran parte dei rimandi estetici fanno riferimento alla cultura culinaria tipica del Sol Levante.


Un’insalata di generi 


Abbiamo quindi visto come Dungeon Food sia prima di tutto un fantasy d’avventura e di come ci siano tutti gli elementi classici di questo genere. Possiamo trovare guerrieri, maghi, combattimenti e persino un personaggio in pericolo a causa di un drago.

Quello che però fa funzionare alla perfezione il manga è l’aggiunta di una vena comica. Il genere comedy è infatti una colonna portante dell’opera. Oltre a rendere il manga divertente, questa aggiunte serve a rinforzare la sospensione dell’incredulità. Questo perché, in un mondo fantasy presentato come spietato e pericoloso per gli avventurieri, una gilda di eroi che discute su quale sia il migliore dei modi di cucinare un basilisco poteva di risultare fuori luogo.

Le dinamiche tra i personaggi del party sono spesso causa di siparietti comici e scene assurde, a causa delle loro personalità opposte. Marcille è quella che dall’inizio è più scettica sul cibarsi dei mostri, personalità che va in contrasto con il sogno di Laios e con il cuoco Senshi, che invece ha sempre una ricetta pronta per ogni evenienza.


Cavalcare l’onda

copertina intera dungeon food


Sin dal titolo dell’opera e dalle primissime tavole, risulta lapalissiana l’ispirazione dal mondo di Dungeons&Dragons, il famosissimo gioco di ruolo di proprietà di Wizards of the Coast.

Possiamo ritrovare le razze (umani, halfling, mezzelfi), le classi (guerrieri, ladri, maghi) e la composizione delle gilde, ovvero i party. Lo stesso libro che Laios usa per riconoscere le creature che affronta ricorda moltissimo un manuale dei mostri di D&D. La stessa vena comica a cui si accennava prima, presente anche nel film di Paramount Pictures, è un elemento che spesso contraddistingue le sessioni di una campagna di D&D.

Oltre a questi elementi, tutti i piatti cucinati da Senshi vengono riportati sulle pagine del manga con un’illustrazione, la lista e la quantità degli ingredienti e le statistiche del piatto. Il tutto in una sorta di mix tra un libro di ricette e un gioco (o videogioco) fantasy.

Risulta difficile che l’adattamento anime arrivi casualmente in un momento in cui l’universo di Dungeons&Dragons sia sulla bocca di tutti dopo il successo del film (Dungeons&Dragons: l’onore dei ladri) e, ancor di più, del videogioco Bladur’s Gate 3. Non bisogna però pensare che questo sia un fattore negativo, anzi. Dimostra come dal successo di un’opera possa trarne beneficio anche un’altra, magari appartenendo ad un medium completamente diverso.


Dulcis in fundo


Il primo volume di Dungeon Food risulta decisamente interessante. I rischi di scadere in una storia e delle ambientazioni banali, a causa dell’enorme mole di prodotti fantasy, erano altissimi. Kui riesce però a dare una ventata d’aria fresca non tanto al genere, quanto a come esso viene raccontato allo spettatore. Il tratto è semplice e pulito, coerentemente con i toni leggeri del manga. Particolarmente riuscite sono le tavole in cui protagonista è il cibo. Sono spesso grandi e curate nei dettagli.

Un manga che adatto a tutti coloro che amano il fantasy, ma che allo stesso tempo cercavano un po’ di innovazione nel genere e allo stesso tempo è in cerca di una lettura leggera e che faccia divertire.

4

#INBREVE

Alla sua opera prima, la mangaka Ryoko Kui crea un’avventura originale e divertente, partendo però da uno dei generi più inflazionati ed esplorati come il fantasy. Le avventure di Laios, Marcille, Chillchuck e Senshi trasportano lo spettatore in un mondo conosciuto, ma declinato sotto un aspetto completamente nuovo: quello del cibo. Elemento che viene sapientemente reso centrale in tutte le sue forme e per più aspetti dell’opera stessa. L’unione del genere fantasy con la comicità dei protagonisti risulta una combo vincente, che riesce anche a rafforzare la credibilità e la coerenza del mondo creato dall’autrice. Una lettura leggera, ma non per questo banale, che riesce a divertire ed appassionare lo spettatore fin dalle prime pagine.

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