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Omoshiroi – Yōkai, storia dei mostri del folklore giapponese

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Yokai Shigeru Mizuki

Con questo articolo inizia una nuova rubrica di Animaku, “Omoshiroi”.
“Omoshiroi 面白い” è la parola giapponese che indica qualcosa di strano, interessante o divertente. 

La rubrica tratterà curiosità e approfondimenti sulla cultura giapponese, e per  cominciare sembrava opportuno iniziare da una caratteristica peculiare dell’immaginario del Giappone: gli Yōkai.

                                                                                             Introduzione di Filippo Recaneschi

Gli Yōkai sono creature soprannaturali, protagonisti di diversi miti, leggende e fenomeni straordinari che da sempre fanno parte della tradizione folkloristica giapponese.

La parola Yōkai è composta da due kanji: ”, “maleficio, stregoneria” e kai”, “manifestazione inquietante”, ma non esiste un vero e proprio corrispettivo con cui si possa tradurre questo termine. Anche perché sotto il nome di Yōkai sono racchiusi una serie di mostri e spiriti di vario genere, gli uni molto differenti dagli altri. Questi si differenziano per aspetto, caratteristiche, habitat e atteggiamento (benevolo o meno) rispetto agli esseri umani. Alcuni Yōkai prendono il loro aspetto da animali, altri da fenomeni atmosferici e qualcuno persino da oggetti.

Un Chōchin’obake, yōkai lanterna, da “Le Cento Storie di Fantasmi” di Katsushika Hokusai

Il marinaio Tokuso incontra un umibōzu“, Ukiyo-e di Utagawa Kuniyoshi

Ad oggi il termine Yōkai è entrato nel nostro immaginario collettivo, grazie anche al continuo proliferare di questi esseri all’interno della cultura pop giapponese. Infatti capita spesso di vedere queste creature in anime, manga, film, videogiochi e tanto altro.

Ma dove nascono gli Yōkai?


Origini


In realtà non si sa di preciso da dove nascano gli Yōkai ma è molto probabile che abbiano avuto origine dalla religione shintō. I fedeli di tale religione credevano che entità simili a spiriti risiedessero in tutte le cose, compresi i fenomeni e gli oggetti naturali. Ognuno di questi possedeva emozioni e personalità differenti: gli spiriti pacifici erano conosciuti come nigi-mitama, e portavano fortuna, gli spiriti violenti, conosciuti come ara-mitama, portavano sfortuna, malattie e disastri naturali. Possiamo considerare queste due tipologie di spiriti come antenati degli Yōkai.

Fin da tempi antichissimi venivano eseguiti rituali, noti come chinkon (鎮魂, lett. ‘calmare gli spiriti’), per convertire un ara-mitama in nigi-mitama, con l’obiettivo di sedare gli spiriti malefici e prevenire la sfortuna. Si pensa che dai rituali chinkon che fallivano, gli ara-mitama, si trasformassero in Yōkai malevoli.

In altri casi gli Yōkai nascevano originariamente come divinità ma poi, per un motivo o per un altro, venivano “declassati” ad entità inferiori. Secondo la leggenda Yamata no Orochi (ispirazione per l’Orochi dell’ultima saga di One Piece) era in origine un dio ma poi, col passare del tempo, si trasformò in uno Yōkai e venne infine da Susanoo, divinità delle tempeste dello shintoismo.

Susanoo combatte con Yamata no Orochi in un trittico di Ukiyo-e, di Toyohara Chikanobu.

Alcune tipologie di Yōkai come kappa e inugami erano talvolta venerati come vere e proprie divinità in specifiche aree del Giappone.

Inugami (al centro) dal Bakemono no E (化物之繪, “Illustrazioni di Creature Soprannaturali“, c. 1700)

Le prime testimonianze scritte di Yōkai risalgono invece al VIII secolo. Riferimenti ad essi compaiono nel Kojiki (712) e nel Nihonshoki (720), i due libri più antichi della letteratura giapponese. Questi libri aiutarono la diffusione di miti e leggende in tutto il paese, in particolare nel periodo Heian (794–1185). In questo periodo inoltre nascono le figure degli Onmyoji, ovvero specialisti dell’onmyōdō, un misto di arti magiche, divinazione ed occultismo. Tra i compiti degli Onmyōji c’era quella di evocare, controllare e tenere a bada spiriti e Yōkai, attraverso una serie di rituali e formule magiche.


Periodo D’Oro


Ma è nel periodo Edo (1603-1868) che abbiamo la cosiddetta età d’oro della narrativa Yōkai. Questo periodo fu un periodo pacifico nella storia del Giappone, che vede il fiorire dell’arte, della letteratura e del teatro. La creazione di rinomate forme d’arte giapponesi come il dramma kabuki, il ningyō jōruri (teatro delle marionette) e le stampe su legno avvenne durante il periodo Edo. La narrazione Yōkai fu combinata con queste forme d’arte e divenne un aspetto importante del folklore nella narrativa giapponese. Le storie di Yōkai erano così popolari che fu necessaria la creazione di apposite raccolte enciclopediche con tanto di raffigurazioni artistiche delle creature.

Mitsukuni sfida lo scheletro invocato dalla principessa Takiyasha“. Di Utagawa Kuniyoshi.

Proprio in questo periodo Toriyama Sekien (1712-1788), importante artista e folklorista, completò una raccolta di storie Yōkai mentre viaggiava per tutto il Giappone. La raccolta di Sekien era speciale in quanto catalogava un gran numero di leggende provenienti dalla tradizione folkloristica giapponese e vi associava apposite illustrazioni di Yōkai da lui create. A Sekien è attribuito il merito di aver disegnato oltre 200 Yōkai dando forma a tutti quegli esseri le cui fattezze fisiche erano state tramandate solo oralmente nelle leggende. Ancora oggi le sue illustrazioni sono considerate il principale riferimento iconografico sugli Yōkai.

Un Mikoshi-nyūdō, interpretato da Toriyama

Le opere di Toriyama Sekien contribuirono al diffondersi di storie legate a spiriti e Yōkai. Molti scrittori professionisti del periodo Edo inventavano storie soprannaturali ispirati dai disegni di Sekien, facendo aumentare le credenze popolari riguardo queste creature. Una tra le leggende più famose era la Hyakki yagyō 百鬼夜行, letteralmente “La parata notturna dei cento demoni“. Secondo tale credenza gli Yōkai si radunavano la sera durante le notti d’estate per poi sfilare tutti assieme nelle strade delle città e dei villaggi. Chiunque avesse avuto la sfortuna di assistere a questo macabro evento si sarebbe assicurato morte certa a meno di non essere protetto da specifici talismani.

Demoni e animali fantastici“, di Kawanabe Kyōsai 河鍋暁斎 (c. 1881)


Declino e Ripresa


Contrariamente al periodo precedente, l’epoca Meiji (1868-1912) è considerata un periodo di declino per gli Yōkai e il folklore in generale. In questo periodo il Giappone veniva trascinato in un’ondata di modernizzazione. Ne seguì un allontanamento culturale da tutto ciò che era legato al passato e al soprannaturale, a favore invece di una moderna logica scientifica e razionalista. Ci fu un vero e proprio movimento accademico guidato da Inoue Enryō volto ad affrontare e analizzare scientificamente ogni storia conosciuta riguardante gli Yōkai per dissiparne il significato con la scienza e la logica. Ironicamente, in questo modo Inoue creò una delle più grandi e complete raccolte di descrizioni e di racconti sugli Yōkai dell’epoca.

Man mano che il governo del Giappone cresceva e diventava più militarizzato, le credenze tradizionali venivano viste come un qualcosa legato al passato e quindi problematiche.

Kyoto Nue Taibi” (京都 鵺 大尾) di Utagawa Kuniyoshi, (1852)

Durante la seconda guerra mondiale, le leggende sugli Yōkai non facevano ormai più parte della cultura giapponese dell’epoca, con alcune eccezioni solo tra le popolazioni più remote.

Alla fine del XX secolo, gli atteggiamenti culturali intorno al folklore cambiarono ancora una volta. Invece di vedere lo Yōkai come una superstizione priva di significato, accademici come lo scrittore Yanagita Kunio (1875-1962) iniziarono a studiare le leggende del passato come parte della tradizione culturale giapponese. Yanagita iniziò a raccogliere storie, opere d’arte e narrazioni di Yōkai utilizzandole come mezzo per comprendere meglio la vita dei giapponesi, prestando più attenzione alla storia della gente comune che a quella dei governanti e dei clan.

Spesso le leggende sugli Yōkai fornivano importanti aspetti culturali delle popolazioni giapponesi locali. Va detto che durante gli anni della seconda guerra mondiale, le ricerche di Yanagita erano veicolate dal dilagante nazionalismo. Scopo del suo lavoro era anche quello di creare una solida identità nazionale nella quale tutti i cittadini giapponesi potevano identificarsi.

La resa incondizionata del Giappone nel 1945 portò il paese ad uno stato di caos sociale e alla perdita di molti valori. Ciò che poteva tenere uniti i giapponesi in questo momento era per Yanagita la loro ineguagliabile identità culturale. Forti di tradizioni antichissime e uniche, ciò che contraddistingueva il popolo giapponese era il loro legame con gli spiriti ancestrali. Attraverso le sue ricerche, Yanagita ha potuto apprendere i valori, le paure e le diverse profondità dell’immaginario collettivo nelle varie regioni del Giappone. Ancora oggi Yanagita è considerato il “padre degli studi sul folklore giapponese“. Grazie a lui le leggende sugli Yōkai divennero materia di studio in ambito accademico, e ben presto popolari anche nel contesto dell’intrattenimento.


Il contributo di Shigeru Mizuki


Un altro grande studioso folklorista e specialista degli Yōkai è stato il mangaka Mizuki Shigeru (1922-2015). Mizuki crebbe nella piccola città costiera di Sakaiminato, ascoltando le storie di fantasmi che un’anziana signora del posto, da lui soprannominata “Nonnonba“, era solita raccontargli. Questi racconti furono fondamentali per la creazione di molti dei suoi manga, e gli fecero sviluppare un profondo amore ed interesse per tutto quello che riguardava il folklore e le storie di Yōkai.

Illustrated Guide to Yōkai Monsters (Yōkai Daizukai)” di Shigeru Mizuki (2004)

Mizuki è considerato il massimo esponente giapponese della ricerca sugli Yōkai degli ultimi tempi. La sua ricerca sui racconti del folklore giapponese deve molto ai libri di Kunio e al ricordo delle storie di Nonnonba. Tuttavia, quando poteva compiva egli stesso delle ricerche sul campo viaggiando per il paese. Col suo lavoro contribuì alla stesura di diverse guide ed enciclopedie riguardanti gli Yōkai e gli spiriti del Giappone, tutte accompagnate dalle sue magnifiche illustrazioni. Ma è attraverso i manga che Mizuki ha espresso al meglio il suo amore per queste creature:

L’opera più famosa di Mizuki è sicuramente GeGeGe no Kitarō (ゲゲゲの鬼太郎), conosciuto da noi come Kitaro dei cimiteri. In questo manga il protagonista Kitarō, uno Yōkai nato in un cimitero, deve affrontare vari esseri soprannaturali provenienti dalle leggende classiche del passato.

Copertina di 水木しげるの映像世界 (The Fantasy World Of Shigeru Mizuki, 1985)

Col manga NonNonBâ invece Mizuki ripercorre sua infanzia, all’epoca in cui ascoltava le storie di fantasmi raccontate dall’anziana signora che dà il nome all’opera. Le storie di NonNonBâ si mescolano alla realtà viste dagli occhi di un Shigeru bambino, dando vita agli Yōkai più spaventosi delle leggende giapponesi.

Altra opera di Mizuki che mi sento di citare è il suo adattamento manga del Tono Monogatari, un testo centrale del folklore giapponese scritto nel 1910 da Yanagita Kunio e considerato l’equivalente culturale delle fiabe dei fratelli Grimm. In quest’opera Mizuki reinterpreta i racconti del Tono Monogatari in versione a fumetti, trovando anche lo spazio per un incontro immaginario tra lui e Yanagita.

Mizuki all’opera sui personaggi di Kitaro dei Cimiteri


Conclusioni


Gli Yōkai sono stati un tassello fondamentale della storia giapponese. Presenti fin dagli albori, hanno aiutato ad arricchire il folklore con miti, leggende e credenze popolari. Sono stati nel tempo fonte d’ispirazione per diversi autori, artisti, poeti, drammaturghi e in seguito anche per registi, autori di videogiochi, di manga e anime. Se ancor oggi continuano ad accompagnarci nei mezzi d’intrattenimento è grazie soprattutto a quei personaggi di cui abbiamo parlato, che hanno contribuito in modo essenziale alla loro trasmissione fino ai giorni nostri.

 

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