Connettiti con noi

Manga

Kaiju No.8, recensione manga: una riflessione sul fallimento fra mostri e mazzate

Pubblicato

il

Kaiju No. 8 Recensione Manga
Il manga di Naoya Matsumoto è uno dei titoli più popolari della rivista Shonen Jump+ di Shueisha. Ecco le nostre prime impressioni.

«È davvero così terribile arrendersi?»

Questa frase riempie uno dei balloon del protagonista di “Kaiju No. 8” nel primo volume del manga, ultimo titolo di Naoya Matsumoto che in Giappone – come in Occidente – ha raggiunto picchi di vendite insperati, entrando di diritto nei possibili “cult di nuova generazione”. Pubblicato in Giappone sull’applicazione Shonen Jump+ di Shueisha, in Italia il manga è licenziato da Star Comics, e sono disponibili nel nostro paese sei degli attuali otto volumi usciti nella Terra del Sol Levante.

Sogni, ambizioni, desideri e aspettative, inadeguatezza, fallimento: questi i temi nascosti sotto le interiora nauseabonde e gocciolanti dei Kaiju sconfitti dalle Forze di Difesa Giapponesi. La vittoria e la resa vengono continuamente poste sulla bilancia, pagina dopo pagina, a volte in maniera estremamente velata, altre volte – come nel caso dell’interrogativo che Hibino pone a sé stesso – in modo più onesto ma comunque ingenuo. Sì, perché è il temperamento del nostro protagonista che pone gli umori di questa domanda: Hibino Kafka è un personaggio atipico per il panorama del manga. Braccio fra i piatti della bilancia, anello di congiunzione fra resa e vittoria che lo plasmano come un genuino combattente intento a sprecare ogni oncia della sua forza, fisica e spirituale, per un magro ma meritato risultato. Sconcerta al primo impatto con l’opera la scarsissima stima che ha di sé, figlio quale è di personaggi che fanno dei sogni il loro moto personale e narrativo. Stima che non sembra avere la possibilità di crescere a causa della sua età, parimenti atipica: 32 anni. Forse non è un caso ritrovare questo numero come icona di fiducia, sana bramosia e riscoperta positiva del sé nella numerologia. Un uomo, insomma, che è l’incubo della società moderna – e che è forse più figlio di quest’ultima, che dei personaggi sopracitati – terrorizzata dall’inefficienza e dal fallimento. Un uomo che decide di rinunciare ai propri sogni e di “accontentarsi” di ripulire quelle stesse carcasse delle quali aveva desiderato essere l’artefice, un vero inetto moderno.

Kaiju foto 1Il fumetto si apre con una mastodontica e mostruosa figura, in una splendida pagina a colori, che si erge sulla cittadina di Yokohama, piccola e indifesa sotto l’ombra del Kaiju. Basta, però, una sola vignetta perché il mostro si trasformi in un ventre vuoto, esponendo le viscere cartoonesche racchiuse da quello che oramai è solo il ricordo della cassa toracica che le conteneva. Il gigante è sprofondato sotto la forza soverchiante degli eroi di questo Giappone sotto attacco: le Forze di Difesa Giapponese; capitanate da Ashiro Mina. Divenuto il suo stesso spettro, mai in modo più letterale, il Kaiju cede il posto ad una figura innocua che non ispira alcun timore. Ma il nostro protagonista dov’è? A poche pagine di distanza, pronto a ripulire la fama e la gloria della Terza Divisione dell’élite difensiva assieme a ciò che resta del mostro. Difatti, pronta ad intervenire, c’è la Squadra di Pulizia Professionale dei Kaiju che “comincia la sua battaglia quando ormai tutto sembra finito, senza applausi e ringraziamenti”. Conclusa anche questa battaglia, Hibino – il miglior spazzino di Kaiju del Giappone – torna a casa e lì ne comincia una nuova, più solitaria e, incredibilmente, più invisibile di quella precedente. Una battaglia meno fantasy e nella quale tutti ci troviamo immersi: quella con ambizioni e rimpianti.

Veniamo poi a conoscenza del rapporto fra i due guerrieri: Mina e Kafka. Legati dalla solenne ma inspiegata promessa di combattere contro i Kaiju. Una promessa mantenuta da solo uno di loro. Kafka avrà nuovamente l’occasione di adempiere a quel giuramento grazie a un evento fortuito – quanto ripugnante – ma, come ogni aiuto divino, dovrà fare i conti con il prezzo da pagare. La metamorfosi – letteralmente kafkiana – che subirà lo tramuterà nell’incarnazione dell’odio che questo Giappone cova.

Kaiju foto 2

La grande forza narrativa, che risente solo in parte di una retorica ormai di moda, di “Kaiju No. 8” pone rinnovata attenzione sul tema del fallimento e della rinuncia. Trattando le tematiche con estremo tatto e permettendo una riflessione che accompagna tutta la lettura. Non stonano le numerose gag dell’imbranato protagonista che strappano risate sincere e sana compassione per un uomo comune, diviso fra voglia di riscatto e una disillusione fin troppo diffusa. Questo manga promette, a chiunque si consideri un comune essere umano di carne e sangue, di difetti e pregi, una critica senza giudizi impacchettata ad hoc da mazzate, mostroni e un pizzico di fan service.


Kaiju: ormai genere narrativo ma non solo


Il gigante con fattezze mostruose che arriva dal buio, dall’ignoto, e si abbatte, senza alcuna ragione apparente, sulle coste solitamente Giapponesi del mondo che lo ospita, ha origini molto profonde nella società che lo ha partorito. I Kaiju, o meglio Kaijū (怪獣), che letteralmente significa “strana bestia”, nascono nel 1954 dalla mente di: Ishirō Honda. All’apparenza solo macchiette, dedicate al versante ludico della violenza o spauracchio per coloro i quali decidono di non abbandonare questo aspetto della vita ma che, per evitarne il libero sfogo, vi partecipano attraverso il mezzo cinematografico: in realtà nascondono tutt’altra verità.

Shin Godzilla

Shin Godzilla – Hideaki Anno (2016)

Il primo Kaiju della storia è il celebre Godzilla, che nell’opera originale viene chiamato Gojira. Un mostro che Honda decide di rappresentare – perlomeno nella sua prima apparizione – in un modo molto specifico. Nel primo storico film Gojira si approccia alla costa dal mare, appunto dall’ignoto, non dà vero avviso del suo arrivo né tantomeno ne dà spiegazione. Nonostante si tratti di un mostro vivo, sembra non essere dotato di volontà; si muove quasi per dovere. Il Kaiju deve distruggere: deve, non vuole. La distruzione immotivata è insita nella sua natura, in quanto insita nella natura della sua ispirazione: la bomba atomica. Questa difatti la principale ispirazione “poetica” dietro il concept, così come l’estetica, del mostro giapponese. Come Gojira si approccia alla sua catena di eventi distruttivi dalla costa, anche la famigerata bomba si approccia al Giappone dalle coste di due città: Hiroshima e Nagasaki. Così come le esplosioni provocano una immotivata quanto annichilente distruzione, Gojira scatena sulle rive giapponesi una devastazione priva di senso.

Anche graficamente il mostro è stato pensato per ricordare le escoriazioni provocate sulle persone alle quali lo scoppio non è riuscito a regalare una morte veloce. Gojira era di fatto un nipponico Frankenstein che il dottor Honda ha deciso di creare, non più per sfidare la vita – come il dottore di Mary Shelley – ma per sfidare la morte. Studiato per permettere, con una classica terapia d’urto, al popolo giapponese di fronteggiare le proprie paure e di lasciarle affondare nel mare dal quale erano venute, così come vi affonda Gojira. Honda con questo film lancia un grido, che il Giappone accoglie e ricambia: “abbiamo sconfitto il mostro, abbiamo sconfitto la morte!

Da qui in poi la storia di Gojira diviene la storia dei Kaiju. Sì, perché il modello originale viene preso, estrapolato, modificato, a volte stravolto e reinterpretato da molti. Il “Re dei Mostri” come viene descritto in uno dei film storici del genere, diviene davvero tale; seguito da schiere e schiere di suoi simili che, col tempo, cominceranno a moltiplicarsi e comparire sugli schermi di decide e decine di film e show differenti. Potremmo rimanere ore ed ore a parlare di tutti i film e le serializzazioni – animate e non – che hanno preso vita dal primo storico film del ‘54, ma non abbiamo tutto questo tempo, questi ne sono alcuni: più di 30 film sul multiverso di Godzilla – menzione d’onore per il campione d’incassi Shin Godzilla di Hideaki Anno e Shinji Higuchi; l’arco narrativo di Pacific Rim; diversi film non giapponesi e numerosissimi cross-over con l’altrettanto famoso mostro americano King Kong; lo stupendo Neon Genesis Evangelion, il genere, nato di conseguenza, Tokusatsu e il suo derivativo americano Power Rangers, e molto altro ancora.

Pacific Rim Kaiju

Kaiju di Pacific Rim – Guillermo del Toro (2013)

Insomma, abbiamo appurato che i Kaiju non sono semplicemente mostri votati alla distruzione o nemici fantasy di un tipo di media che aveva bisogno di qualcosa su cui sfogare la propria violenza. Possono essere parimenti utilizzati per personificare un concetto, trattare un’ideologia o riflettere su un tema piuttosto che un altro. In “Kaiju No. 8” queste creature hanno alcuni compiti specifici. In primis mandare avanti la storia, creando il conflitto: senza il quale qualunque racconto è destinato ad arenarsi. Questa contrapposizione deve però, soprattutto in questo genere di manga, diventare fisica e tangibile: permettendo al lettore di godere dei combattimenti e power-up che l’autore decide di disegnare, che, attraverso il corpo dei Kaiju, sono in grado di rompere ogni limite imposto dalla sospensione dell’incredulità. Questo è sicuramente un compito importante, senza il quale non potremmo godere del ritmo avvincente e ben scandito di questo manga – che si nota uscire dalle mani di un autore con esperienza – ma non è il solo.

L’autore vuole utilizzare queste creature, sul piano poetico della narrazione, come icone degli ostacoli e delle difficoltà che tutti sono destinati ad affrontare. Forse in maniera un po’ retorica e stereotipata, ma comunque con precisione ed accuratezza, Matsumoto ci descrive l’imprevedibilità del futuro: non importa quanto siamo preparati, fisicamente o mentalmente, quest’ultimo finirà comunque per sorprenderci con l’ignoto che lo contraddistingue. L’autore riesce ad utilizzare sapientemente queste figure, assieme alla controparte umana, per descrivere le caratteristiche del vivere. L’imprevedibilità del “No. 9” e gli insensati quanto indiscriminati attacchi dei Kaiju rappresentano bene le calamità naturali quanto le difficoltà che ci si trova ad affrontare tutti i giorni. La preparazione e la resilienza dei Corpi di Difesa, l’ambizione delle reclute e la resa alla quale sono costrette di fronte ad un nemico inarrestabile descrivono perfettamente gli sforzi nel superare quegli stessi ostacoli. Matsumoto non tralascia nemmeno la fortuna, dai disegni imprevedibili almeno quanto quelli del futuro e suo principale antagonista. Né alleato né nemico, non parteggia, ma prende parte alla disputa indirettamente rimanendo alle spalle dei personaggi quasi in maniera giocosa per permettere loro di dare ancora più spettacolo. Nessuno degli elementi della storia è lasciato al caso e il mangaka riesce a intrecciare i fili della narrazione sapientemente, dando vita ad un’opera che diverte e non appesantisce. Le pagine diventano colla per gli occhi che viaggiano veloci fra le vignette, scanditi da un ritmo e un’alternanza di azione e narrazione perfetti.


Ispirazioni grafiche e archetipi narrativi ricorrenti


Il manga di Naoya Matsumoto deve molto alla tradizione artistica legata alla figura del Kaiju e, in generale, a quella del manga d’azione per ragazzi, anche detto battle shonen. Nelle tavole si nota una chiara ispirazione americana, legata all’immagine classica del supereroe traslata nel mondo del fumetto nipponico, con il suo tratto deciso, netto, e l’estetica più classica di questo genere. Difatti, purtroppo, il manga non risulta molto riconoscibile. I personaggi sono caratterizzati a dovere come le ambientazioni – parleremo più avanti dei mostri e di alcune trovate che non ho apprezzato – che ben si adattano alle tematiche ed alla trama. Nonostante questo, il tratto è fortemente influenzato da alcuni manga di recente pubblicazione: primo fra tutti l’ormai famosissimo My Hero Academia. Le tavole sono sempre molto pulite e comprensibili, ogni battaglia è un piacere da leggere tanta la chiarezza con la quale l’autore le rappresenta. Estremamente presenti i retini, che trasmettono la forte anima giapponese dell’opera, usati magistralmente dal mangaka che non appesantisce mai la lettura.

Kaiju 3Fra le tavole di “Kaiju No. 8” si nascondono delle piccole cose – a volte non così piccole – che non ho apprezzato. L’autore ha deciso di integrare al disegno “classico” alcuni dettagli in digitale come le maschere indossate dai Corpi di Difesa, a volte, le armi che utilizzano o alcuni dei membri di questo plotone difensivo. In questi casi devo ammettere che le attrezzature rappresentate in questo modo ben si integrano all’estetica del fumetto e non rompono il flow della lettura, anche se in alcuni casi (primi piani o scene con molte figure in una sola vignetta) risultano evidenti e un po’ disturbanti. Matsumoto ha deciso di utilizzare questa tecnica anche per alcuni Kaiju, in questi specifici casi non ho mai apprezzato la scelta. Difatti, i mostri così rappresentati rompono in modo molto netto il ritmo di lettura, gli occhi non accettano facilmente queste figure che appaiono come staccate dal foglio che diviene un semplice sfondo sul quale vengono appoggiate. Ciononostante “Kaiju No. 8” rimane un’opera esteticamente gradevole che utilizza uno stile perfettamente in linea con le tematiche ed i toni che la contraddistinguono.

Piccolo appunto va fatto anche sull’ispirazione estetica dei mostri, che non delude quasi mai. Sicuramente da menzionare il Kaiju più famoso di tutti, Godzilla, che, assieme a molti dei mostri che “recitavano” con lui nei film storici del genere, è la chiara ispirazione di più di una creatura. Fortemente presente anche l’estetica dei mostri di Pacific Rim complice dell’ammodernamento delle figure che abbiamo appena citato. Non mancano però cadute, a volte in picchiata, riguardo le rappresentazioni di alcuni dei mostri che appaiono come l’ingrandimento di semplici animali o insetti. Piccola sorpresa sono i design dei cosiddetti “Kaiju numerati” davvero interessanti, a tratti horror, che appaiono innovativi e, a volte, studiati ad hoc per doverose citazioni. Queste ultime sembrano divertire molto l’autore, che ne propone diverse: la birra Corona diviene “Coala” (scritto proprio così); il celebre Gundam diventa “Gondam”; la PS5 si trasforma in “BS5”; anche il celebre colosso americano delle vendite Amazon viene citato e appellato come “Yamazon”.

Kaiju 4

I battle shonen di ultima generazione ci hanno abituato a “cast” di personaggi estremamente vari e numerosi. “Kaiju No. 8” non prova a rompere questa tradizione. Già dal primo volume conosciamo una lunga schiera di “attori”: dagli spazzini colleghi di Kafka – che spero godranno di un approfondimento, assieme al loro peculiare lavoro -, ai colleghi e comandanti delle Forze di Difesa. Anche in questo caso alcune ispirazioni, psicologiche e narrative, dei personaggi e dei rapporti che li legano risultano ben riconoscibili. L’archetipo dell’eroe classico del battle manga, sempre in corso di miglioramento, risuona nelle azioni e nei pensieri di Kafka, un personaggio che riesce però a parlare di inadeguatezza in modo nuovo. Il suo rapporto con Mina potrebbe ricordarci quello tra Eren e Mikasa, senza però raggiungere tale complessità. Altro riferimento al manga di Hajime Isayama potrebbe essere Soushirou, il comandante in seconda della Terza Divisione, che condivide un caschetto corvino e grandi abilità di combattimento con un celebre personaggio della saga. Anche la ragazzina prodigio Kikoru ha attirato la mia attenzione, a mio parere la sua caratterizzazione riprende alcune tinte della, sicuramente più famosa, Asuka Sōryū Langley protagonista di Neon Genesis Evangelion. La costante ricerca della perfezione e della supremazia, legata ad un peculiare passato familiare, fanno lambire alcuni punti di questi personaggi; sicuramente incisivo in questo parallelismo il contesto di difesa contro i Kaiju al quale appartengono. Ultimo personaggio meritevole di un inciso è Leno, la leva motivazionale che innesca la prima metamorfosi, quella emotiva, di Kafka. Lavora assieme e per il protagonista: un po’ voce della coscienza un po’ coach emotivo, ruolo che fortunatamente diverrà “secondario” lasciando spazio ad un approfondimento psicologico e narrativo su di lui.

Kaiju 4

“Kaiju No. 8” è un’opera a tratti davvero sorprendente. Riescono a stupire le battaglie e i design, e i personaggi riescono a essere efficaci. Inoltre, ben riuscita è l’iconografia della società ossessionata dai traguardi, dall’inefficienza e dagli, imperdonabili, fallimenti che sono insoliti in un manga per ragazzi. Lasciatevi alle spalle la retorica che in parte tocca quest’opera e permettetevi di riflettere sul tema dell’obiettivo a ogni costo che diventa necessità e maledizione.

In conclusione, vi lasciamo ad alcuni altri interessanti articoli, come la nostra recensione dell’anime di Crunchyroll Raven of the Inner Palace, e la nostra recensione del film Belle di Mamoru Hosoda.

#INBREVE

KAIJU NO. 8 IN BREVE: TRA BATTAGLIE E INTROSPEZIONE

L’incipit narrativo di Kaiju No. 8 è di quelli che non si scordano. Tra citazioni alla figura del Kaiju e alla cultura pop giapponese e non solo, l’opera di Naoya Matsumoto è in grado di sorprendere per l’attento equilibrio con cui presenta momenti concitati di battaglia e intensi attimi riflessivi e introspettivi. Un ottimo inizio, per un manga che si prospetta come una delle più grandi hit di Shueisha e del suo Shonen Jump +, in attesa di scoprire come si evolverà.

Classe '99, amichevole e moderatamente caustico. È il Caporedattore delle sezioni "Animazione" e "Japan": ama il versante animato della settima arte e la cultura giapponese, ma non solo. Scrive per trasmettere la giusta media fra emozione e informazione.

2 Commenti

1 Commento

  1. Pingback: Hikaru to Hikaru: nuovo manga per Shigemitsu Harada - Animaku

  2. Pingback: Le Bizzarre Avventure di JoJo Stone Ocean, recensione : Non c'è pace per i Joestar - Animaku

  3. Pingback: Blue Box, il nuovo fenomeno targato Shōnen Jump, finalmente in Italia - Animaku

  4. Sebastiano

    17/04/2023 at 3:45 pm

    Articolo a parer mio stupendo, che fa riflettere su come a volte quello che si ritiene semplicemente un manga in verità nasconda davvero un sacco di sfaccettature psicologiche che rispecchiano dubbi ansie e problematiche appertenenti a tutti coloro che vivono nella società odierna. Questo è solo un aspetto di quelli analizzati all’interno di questo articolo di cui mi sono innamorato

  5. christina

    07/09/2023 at 1:47 am

    CIAO. Sono passati più di tre anni da quando ho perso i contatti con il mio amante a causa del lavoro e del trasloco. Le cose accadono troppo velocemente perché abbiamo perso la comunicazione e la connessione tra noi. Ho letto un articolo sul prete ahah. Ho deciso di provarlo con mia grande sorpresa. Il prete ahah mi ha aiutato a riconnettermi con il mio amante. Nel caso qualcuno abbia una situazione simile, ecco i dettagli.{priestjaja7@gmail.com}

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Advertisement

follow us

Trending