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Star Wars: Visions: la recensione della seconda stagione

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Diversi studi d’animazione europei danno vita ad una seconda incredibile stagione di Star Wars: Visions, disponibile su Disney+.

Lo scorso 4 maggio sono stati resi disponibili tutti e 9 gli episodi della seconda stagione di Star Wars: Visions su Disney+.

Ma prima di addentrarci nella recensione, cerchiamo di fare un po’ di chiarezza su cosa effettivamente sia questo prodotto. Visions è una serie animata antologica, composta da diversi cortometraggi, ambientati nell’universo di Guerre Stellari. Prodotta da Lucasfilm Animation per Disney, la prima stagione è uscita nel settembre del 2021 su Disney+, ricevendo elogi da critica e pubblico. La prima stagione è anch’essa composta da 9 episodi realizzati da 7 studi di animazione giapponesi diversi. Ognuno di essi racconta una storia originale ed inedita ambientata nell’universo creato da George Lucas. A ciascuno degli studi di animazione è stata lasciata carta bianca sia per quanto riguarda lo stile di animazione, che per quanto riguarda le scelte narrative.

La seconda stagione di Star Wars: Visions segue gli stessi principi, con l’unica differenza che la produzione dei corti è stata affidata a diversi studi sparsi per tutto il mondo. Tra questi possiamo trovare studi di animazione spagnoli, inglesi. irlandesi, coreani e molti altri. Questa è solo la prima scelta vincente che Star Wars: Visions compie. Infatti ogni episodio, attraverso stili di animazione sempre differenti, ambientazioni mai ripetitive o banali e storie semplici ma coinvolgenti, riesce ad essere unico e rimanere impresso a modo suo nella mente dello spettatore.


Aria fresca


L’universo di Star Wars è indubbiamente uno dei più vasti ed importanti di tutta la cultura pop occidentale (e non solo). Nato nel 1977 dalla mente di George Lucas, dopo un’iconica prima trilogia, ha continuato la propria espansione con altre due saghe cinematografiche, due film spin-off e diverse serie TV sia animate che live action. Purtroppo (e in molti concorderanno, per quanto fan della saga), i prodotti audiovisivi non sono sempre stati all’altezza delle aspettative. Troppo spesso il pubblico si è trovato davanti a dei prodotti non perfettamente riusciti, con diversi problemi, anche produttivi.

Una critica, più o meno condivisibile nei confronti dello Star Wars cinematic universe, è come esso si sia sempre troppo poco discostato da quelli che erano gli eventi e i personaggi della trilogia originale. Se da una parte sono comprensibili le logiche di mercato per i prodotti di spicco e la necessità di aderire a un immaginario collettivo ben radicato per attrarre più pubblico (come ad esempio gli Skywalker e ciò che vi gira intorno), non lo si può condividere per prodotti meno “famosi”, che hanno comunque faticato non poco a discostarsi dagli eventi narrati dai film. Ed è proprio qui che ci viene in soccorso Visions.

Come già accennato precedentemente, i corti di Visions sono tutte storie originali. Nel corso delle 9 puntate troverete pochissimi riferimenti agli altri prodotti della saga. Non mancano chiaramente gli elementi principali del mondo disneyano, come l’eterna lotta tra Jedi e Sith, il fascino e la pericolosità del lato oscuro o gli infaticabili ribelli che fronteggiano l’impero. Tutto questo è però inserito in maniera molto naturale, senza dover per forza incappare nel riferimento o nella citazione a questo o quell’altro prodotto.

I temi affrontati nei cortometraggi risultano molto diversi. Ciò nonostante, l’impossibilità dei diversi studi di animazione di lavorare a contatto tra loro ha prodotto delle assonanze tematiche in alcuni episodi.

Con una durata che varia tra i 15 e 20 minuti, gli episodi di Star Wars: Visions sono tutti assolutamente riusciti. Come spesso accade nelle serie antologiche la qualità e il ritmo sono altalenanti. Nel corso della visione si passa da episodi dal ritmo serrato, con combattimenti all’ultimo sangue, ad altri che lasciano più spazio alla narrazione dei personaggi. Queste variazioni di ritmo potrebbero, per alcuni spettatori, rendere la visione meno scorrevole di una serie classica. Nonostante la qualità media sia davvero elevata, anche in questo caso si alternano episodi buoni a veri e propri gioielli di animazione e narrazione.


Episodio 1. Sith 


Sith è il titolo del primo corto di questa nuova stagione. Animato dal team madrileno dello studio El Guiri, narra la storia di una giovane ex apprendista Sith in fuga. Lola vive nascosta in un pianeta inabitato insieme al suo droide E2. Mentre cerca di dedicarsi alla pittura, dipingendo la propria base, prova contemporaneamente a lasciarsi alle spalle il lato oscuro. Durante una ricognizione all’esterno del covo, verrà attaccata da un maestro Sith che, dopo un inseguimento tra le dune del deserto, affronterà all’interno della sua base.

Questo è sicuramente tra gli episodi più riusciti della stagione. Il character design della protagonista e dell’antagonista è riuscito. La tematica dell’eterna lotta interiore tra bene e male, la ricerca dell’equilibrio sono alla base del racconto. Il concetto di un Sith che rinnega il lato oscuro è abbastanza innovativo nell’universo di Star Wars, che si è più spesso soffermato sul percorso inverso, che vede il buono intraprendere la strada del lato oscuro.

L’animazione è davvero eccellente. Con uno stile che, coerentemente alla storia narrata, ricorda quello di un dipinto, come se il mondo e i suoi abitanti fossero nati da pennellate. Anche le scene di combattimento sono eccellenti e ben realizzate.

All’interno dei diversi episodi non mancano anche nomi di rilievo. Ad esempio, in lingua originale, a dare la voce alla protagonista di questo primo episodio è Ùrsula Corberò, famosa per il ruolo di “Tokyo” ne La casa di carta.


Episodio 2. La grotta dell’Urlante


Lo studio irlandese Cartoon Saloon mette in scena uno degli episodi più particolari dell’intera stagione.

Daal è una giovane ragazza che vive in una casa lavoro e, stanca di questa vita, convince i suoi amici ad andare con lei alla Grotta Urlante. Incuriositi dalle storie sul fantasma che si trova nel luogo, il gruppo partirà insieme alla ragazza. Durante il viaggio approfondiremo la conoscenza di Daal, scoprendo non solo che sta nascondendo qualcosa ai suoi compagni, ma anche che non sente di appartenere al posto in cui vive. Una volta arrivati a destinazione, il gruppo verrà separato e la ragazza si troverà ad affrontare il fantasma della grotta, il quale si rivelerà essere un Sith. la grotta urlante

Sulle battute finali, l’episodio presenta un ottimo colpo di scena, che cambia gli equilibri degli eventi appena narrati. Quello di Daal è un arco narrativo molto semplice e già visto. Il classico cammino dell’eroe prescelto, che deve affrontare una prova per dimostrare a tutti il proprio valore . Il capovolgimento del finale, però, riesce a dare una lettura quantomeno inaspettata a quella che poteva sembrare una storia classica.

Questo cortometraggio è fortemente influenzato dalla cultura irlandese. Le ambientazioni e l’estetica della protagonista, coi suoi capelli rossi, sono rimandi chiari alle al paese d’origine del team che ci ha lavorato. Inoltre, il fantasma affrontato da Daal trae ispirazione dalle banshee, ovvero spiriti della mitologia irlandese.


Episodio 3. Tra le stelle


Il terzo episodio di Star Wars: Visions è stato prodotto dallo studio cileno PunkRobot.

Ultime della loro specie, le sorelle Tichina e Koten vivono nascoste sul loro pianeta natio. In seguito all’arrivo dell’Impero sul pianeta e del loro appropriamento delle fonti d’acqua pulita, la madre delle due sorelle aveva provato a guidare una ribellione contro di esso, morendo nel tentativo. A causa dei fumi prodotti dalle fabbriche imperiali, il cielo si è oscurato e le fonti d’acqua potabile si sono fatte via via più difficili da reperire. La sorella maggiore Koten, non trovando altre fonti d’acqua, sarà costretta ad intrufolarsi all’intetno di una base imperiale per farne scorta. Nonostante gli ammonimenti della sorella, la piccola Tichina la seguirà all’interno dell’avamposto, rendendo il piano più complicato del previsto.

Se la storia di questo episodio è forse un piccolo passo indietro rispetto a quelle precedenti, risultando molto semplice e poco originale, lo stesso non si può dire dell’animazione. Il lavoro fatto dallo studio sudamericano è davvero eccezionale. L’episodio unisce la stop motion, che ammorbidisce i corpi delle protagoniste, con dei tratti più decisi e irregolari, quasi a riprendere lo stile dei graffiti.


Episodio 4. Sono tua madre


Questo quarto episodio, insieme all’ultimo, è forse quello che più si allontana dalle atmosfere degli altri cortometraggi della serie.

Prodotto e animato dagli inglesi dell’affermato studio Aardman (Galline in fuga e Wallace e Gromit), Sono tua madre racconta una semplice storia famigliare che vede coinvolte una giovane Twi’lek alle prese con un difficoltoso rapporto con sua mamma Kalina. Anni è una giovane promessa dell’accademia dei piloti. Come spesso accade in fase adolescenziale, la madre è per la ragazza una fonte di disagio, a causa della sua goffaggine e del suo lavoro. Proprio per questo motivo decide di non dirle della gara “genitori-figli” organizzata dall’accademia, rinunciando così a partecipare. Nonostante gli sforzi della giovane pilota, Kalina verrà a conoscenza della corsa e convincerà la figlia a prenderne parte.

Tematica della genitorialità che è presente a più riprese nel corso della stagione, Sono tua madre è tra gli episodi con il tratto stilistico forse più riconoscibile, vista anche la grandezza e l’importanza dello studio Aardman. Come accennato precedentemente le atmosfere di questo cortometraggio sono quelle che più probabilmente si discostano da quelle degli altri episodi della stagione, raccontando una storia dai toni prevalentemente comici, in linea con lo stile dello studio di animazione inglese, ma non per questo meno riuscito.


Episodio 5. Viaggio verso la testa oscura


Per il quinto episodio ci spostiamo in Asia, più precisamente a Seoul dove ha sede lo studio coreano Mir. Dopo aver già lavorato per altre piattaforme streaming come Netflix (DOTA: Dragon’s bloodThe Witcher: Nightmare of the wolf), questo è il loro primo lavoro con Disney.

Arriviamo ad uno degli episodi che più ho apprezzato di questa seconda stagione di Star Wars: Visions. In Viaggio verso la testa oscura seguiamo le vicende di Ara, una giovane monaca di un pianeta sul quale è da poco scoppiata una guerra, che decide di chiedere aiuto al consiglio dei Jedi. A questo punto entra in scena Toul, un giovane Padawan il cui equilibrio è stato da poco messo a dura prova da un evento traumatico. Ciò nonostante lo vedremo unire le forze con Ara per portare a termine la missione.

Il tema di questa puntata è, ancora una volta, l’equilibrio interiore. Uno degli elementi più interessanti è sicuramente stato il punto di vista nuovo che l’episodio pone sull’eterna lotta tra i due lati della forza. La visione dei Jedi ci ha abituati a vedere tutto il mondo diviso in due: o bianco o nero, o bene o male. La visione dello studio Mir approfondisce il tema analizzandone le sfumature, ribaltando questa visione forse diventata un po’ ridondante nella galassia molto molto lontana.


Episodio 6. La ballerina spia


Dall’Asia ci spostiamo nuovamente in Europa, questa volta nella capitale francese. Lo studio parigino Studio La Cachette (Love, Death + Robots e Mune – Il guardiano della luna) mette in scena forse l’episodio che esteticamente risulta il più riuscito della stagione.

ballerina spia

Una ballerina di grandissima fama si esibisce in un locale frequentato dalle forze imperiali. Alle loro spalle, contemporaneamente, la stessa ballerina aiuta e appoggia i ribelli mentre si esibisce tenendo occupati i soldati.

La storia prosegue con interessanti colpi di scena e altri risvolti di trama più prevedibili. Quello che però dà una marcia in più all’episodio è proprio il lavoro fatto sull’animazione dallo studio francese. In particolar modo il design della protagonista mentre si esibisce nel suo spettacolo risulta allo stesso tempo elegante, affascinante, e spaventoso. L’imponenza riempie lo schermo e la sua forma, che a tratti ricorda quella della creatura cacciata da Daniel Kaluuya in Nope di Jordan Peele, attrae lo sguardo dello spettatore assieme a quello degli stormtrooper. Ancora una volta nel corso dell’episodio abbiamo tra i temi centrali quello di un rapporto tra una madre e un figlio, un rapporto completamente diverso da quello dell’episodio quattro, ma non per questo meno profondo.


Episodio 7. I banditi di Golak


88pictures è uno studio con diverse sedi in India e Canada. A loro viene affidata la produzione del settimo episodio, I banditi di Golak.

In un’ambientazione che ricorda molto l’India dei giorni nostri, due fratelli Charuk e Rani, si ritrovano a dover scappare dalla propria città natale. A causa dalla sua sensibilità alla forza, Rani è anche ricercata dalle forze dell’impero. Dopo una rocambolesca fuga dal treno sul quale i due fratelli si nascondevano, Rani e Charuk arrivano in una piccola oasi nel mezzo del deserto.

Questo episodio fra tutti è forse il meno solido di questa stagione di Star Wars: Visions, nonostante mantenga un ottimo livello. Lo studio indiano riesce a fondere in maniera molto realistica e riuscita i costumi della loro cultura con la fantascienza e gli elementi del mondo di Star Wars. Quello in cui però l’episodio sembra riuscire meno sono proprio le tematiche, che risultano un po’ a ridondanti se messe a confronto con altri episodi della stagione.


Episodio 8. La cava


Per l’ottavo episodio torna all’opera uno studio nipponico, D’Art Shtajio in collaborazione con la stessa Lucasfilm, così come era successo per l’intera prima stagione.

Ancora una volta ci troviamo davanti una puntata di altissimo livello. Un gruppo di schiavi, fatti prigionieri su un pianeta appena conquistato dall’impero, viene obbligato a scavare un enorme cava per cercare dei cristalli kyber. Non appena il lavoro viene portato a termine, però, tutti gli schiavi vengono abbandonati dagli stormtrooper e condannati a morire nella voragine che sono stati costretti a scavare.

Tra un livello di animazione davvero sublime, riferimenti a The dark Knight rises di Christopher Nolan e un finale commovente, La cava è sicuramente tra gli episodi più riusciti.


Episodio 9. Il canto di Aau


Lo studio africano Triggerfish si è occupato della produzione del nono ed ultimo episodio della seconda stagione di Star Wars: Visions.

aau

Realizzato con uno stile che trasmette sensazioni simili alla stop motion, ma con i protagonisti che ricordano delle bambole di pezza, questo cortometraggio racconta la storia di Aau, una giovane abitante del pianeta Korba, cresciuta da un padre tanto amorevole quanto severo. La particolarità di questo pianeta è quella di avere un’enorme riserva di cristalli Kyber, che però, a causa dell’influenza dei Sith, sono stati corrotti. Il compito degli abitanti di Korba è quello di aiutare i Jedi a purificare i cristalli. Proprio in questo contesto comincia la storia di Aau, il cui sogno è quello di cantare. Canto che però sembra avere un particolare effetto sui cristalli stessi.

Esteticamente tra i corti più interessanti. I colori e la sensazione che trasmette il character design dei protagonisti sono elementi innovativi e unici nell’intera storia dell’animazione del mondo starwarsiano. Ancora una volta viene trattato il tema del rapporto genitori – figli, in questo caso padre – figlia, ma ancora una volta in una nuova declinazione.

4

#INBREVE

In conclusione, questa seconda stagione di cortometraggi non canonici del mondo di Star Wars è molto ben riuscita. Tutti e 9 gli episodi sono di un livello davvero molto alto e, anche se un po’ altalenante, sono sicuramente di più i punti alti piuttosto che quelli bassi. La scelta di affidare la realizzazione degli episodi a studi di animazione così diversi tra loro è sicuramente vincente, rendendoli ancora più variegati rispetto a quelli della prima stagione.

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