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Pretty Cure: 20 anni di lotte e magia

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Per celebrare i 20 anni del franchise, e l’uscita nelle sale giapponesi del film Pretty Cure: All stars F, dedicato alla nuova serie, Hirogaru Sky! Pretty Cure, vi presentiamo il nostro approfondimento su questo magico mondo, che per due decadi ci ha mostrato che anche le ragazze possono prendere a calci i propri nemici.

Le Pretty Cure.

“Io sono Cure Black, la protettrice della luce!”
“Io sono Cure White, la protettrice della luce!”

“Siamo le Pretty Cure!”

“Soldato dell’esercito delle tenebre!”
“Tornatene subito da dove sei venuto!”

Pretty Cure: 20 anni di lotte e magia

Era il lontano 17 ottobre 2005 quando per la prima volta sugli schermi di RAI 2 abbiamo udito il motto dell’iconico duo che ha dato vita ad uno dei franchise più longevi nella storia dell’animazione giapponese moderna.

Nagisa Misumi e Honoka Yukishiro, meglio note come Cure Black e Cure White, sono le capostipiti della serie “Pretty Cure“, che quest’anno festeggiano 20 anni dalla primissima messa in onda in Giappone, il 1^ febbraio 2004.

Con le sue 20 stagioni e un totale di 78 eroine (non contando Cure Echo e Cure Supreme, esclusive dei film), ad oggi il franchise è una delle punte di diamante della Tōei Animation, assieme a mostri sacri quali Dragon Ball, One Piece e Sailor Moon.

Un successo davvero notevole, se pensiamo che il franchise ha rischiato in più di un’occasione di chiudere i battenti. Non solo, la prima stagione era stata addirittura pensata per essere una serie autoconclusiva di soli 26 episodi!

Per comprendere il segreto di un tale successo, dobbiamo prima di tutto comprendere quale sia il cuore di Pretty Cure. Quali sono le origini di questo anime, e cosa lo rende così speciale ed unico?


Due cuori, una sola anima


Per poter spiegare meglio le origini di “Pretty Cure“, è necessario prima un piccolo approfondimento sul “padre” dell’idea, Washio Takashi.
Pare che nella realizzazione della stesura della prima stagione, il concetto che Washio aveva in testa fosse: “Anche le ragazze desiderano lasciarsi andare” (女の子だって暴れたい, inteso come “scaricare l’adrenalina“).
Washio, infatti, fino a quel momento non aveva mai diretto uno show di genere “magical girl“, come lo erano stati Sailor Moon (1992-1997) o Doremì (1999-2003).
È innegabile comunque che questi due show siano stati fonte d’ispirazione per le due eroine. In primis, per la presenza della magia, e delle mascotte, ovvero gli animaletti magici che accompagnano da sempre le protagoniste dei mahō shōjo – basti pensare, per esempio, a Posi e Nega de “L’incantevole Creamy”.

Il titolo fa intuire che la serie si attiene alle radici del genere. “Pretty” perché gli abiti e l’acconciatura cambiano durante la trasformazione, conferendo loro un aspetto elegante e carino. “Cure”, si riferisce all’atto di purificare il nemico con l’attacco finale, aspetto già peraltro presente in Sailor Moon.

Anche la presenza delle lotte in un anime per bambine era sempre stato sperimentato per la primissima volta proprio in Sailor Moon. Si trattava però di scontri basati principalmente su attacchi magici, e raramente si passava alla violenza fisica.

Da dove proviene, quindi, l’idea di inserire delle intere sequenze di combattimento in un prodotto per bambine?

La risposta la possiamo trovare in due altre grande proprietà della Tōei, Kamen Rider, e le serie Super Sentai.
Si tratta di due tipi di show del genere tokusatsu, ovvero serie tv o film in live action caratterizzati da grande uso di effetti speciali e di sequenze d’azione. Sembrerebbe, infatti, che Washio abbia deciso di riprendere gli elementi come i combattimenti con il mostro della settimana e di inserire come protagoniste un duo composto da elementi opposti come il sole e la luna.
Ad avvalorare questa tesi è il fatto che molti sceneggiatori e registi della cosiddetta “seconda era” (da Fresh Pretty Cure in poi, per intenderci) sono spesso veterani di queste altre due storie.

Nagisa Misumi è il tipico maschiaccio: sempre ritardataria, svogliata nello studio, golosa di dolci e abilissima negli sport.
Nonostante ciò, è terribilmente timida quando si ritrova di fronte alla sua cotta, tanto da non riuscire a spiccicare nemmeno una parola.

Honoka Yukishiro, di contro, è l’esatto opposto. Emblema della grazia femminile, è una studentessa modello, ed eccelle in tutte le materie, tranne educazione fisica. Nonostante le apparenze, comunque è molto diretta e non ha peli sulla lingua.

Le premesse della trama sono piuttosto semplici. Queste due ragazze frequentano la medesima scuola media, ma vivono la propria vita l’una ignara dell’esistenza dell’altra. Tuttavia, per un capriccio del destino, si ritrovano a dover difendere due creaturine provenienti da un altro mondo da un gruppo di esseri malvagi.
Per farlo, dovranno trasformarsi nelle leggendarie guerriere Pretty Cure tenendosi per mano ed utilizzando le stesse fatine come oggetti di trasformazione.
Il loro compito sarà quindi sconfiggere i generali e il sovrano della Dark Zone e recuperare le sette Prism Stone, contenenti il Potere della Creazione.

Capiamo, quindi, ad una prima occhiata che sebbene l’idea di inserire due giovani ragazze che gonfiano di botte con eleganza e stile i propri nemici sicuramente è accattivante, ma non basta certo a giustificare l’enorme successo che ha riscosso.

E allora, cosa ha reso questa serie è considerata così iconica?

Per Nagisa e Honoka, naturalmente. È il loro legame, che cresce nel tempo, il vero emblema della serie. Ecco, due perfette sconosciute – tant’è che nei primi episodi si riferiscono l’una all’altra per cognome (cosa che purtroppo nell’adattamento italiano si è persa) -, si trovano costrette dal destino ad interagire. Col tempo, però, imparano a conoscersi, confrontarsi ed apprezzarsi, sviluppando un’amicizia sincera e pura. Queste ragazze si supporteranno e proteggeranno in ogni occasione. E quando la volontà di una di loro vacillerà, l’altra sarà lì a darle la forza per continuare a lottare.

Questi, due dei cuori del franchise: l’amicizia, e l’inscindibile legame che unisce e dà coraggio a due normali ragazze, incontratesi per caso, ma insieme per la vita. L’altro, l’eroismola forza di risollevarsi sempre e affrontare le difficoltà in nome di ciò che è giusto.

Sono i piccoli momenti in cui le vediamo interagire fra di loro, giocare, scherzare, anche litigare, che rende la serie così speciale. Chi non ha mai desiderato stringere amicizia con una persona che, nonostante le differenze, capisca chi tu sia realmente?

Per questo motivo Nagisa e Honoka non sono considerate solo le capostipiti del franchise, ma l’incarnazione stessa di ciò che queste guerriere rappresentano. L’una sarà sempre pronta a difendere con la vita l’altra, ad incoraggiarla nei momenti di difficoltà, a darle la spinta necessaria per non arrendersi. Ed ecco perché solo se unite possono trasformarsi, e divenire eroine.

L’inaspettato successo avvale alla prima stagione un’estensione di altri 23 episodi, ed una stagione sequel, “Pretty Cure: Max Heart“.
Qui assistiamo all’introduzione di un nuovo membro del team, Hikari Kujo, che possiede l’abilità di trasformarsi in Shiny Luminous, l’elemento difensivo del trio.

Sull’onda del successo di questa nuova serie, viene prodotta la terza stagione, “Pretty cure: Splash Star“, che tenta di replicare il successo delle precedenti, purtroppo fallendo. Le povere Cure Bloom e Cure Egret, infatti, vivono nell’ombra delle loro predecessori, tanto da essere considerate le copie sbiadite di Nagisa e Honoka.

La formula del duo verrà così abbandonata, e riproposta solo in un’altra occasione e molti anni dopo il debutto di Black e White. Più precisamente, nel 2016, con “Mahō tsukai Pretty Cure“.


Due teste sono meglio di una… cinque meglio ancora


Pretty Cure: 20 anni di lotte e magiaSi decide quindi di dare una svolta alla direzione, stavolta prendendo ispirazione dai Super sentai, introducendo un gruppo formato da ben 5 Pretty Cure. Ecco che il 4 febbraio 2007 arrivano le “Yes! Pretty Cure 5“. La decisione di allargare il team di eroine deriva dalla stagnazione della narrazione a cui si era giunti con l’utilizzo di un duo protagonista. Con la presenza di cinque membri, tutti dalle personalità ed interessi diversi, era infatti possibile presentare nuove dinamiche, e permettere altresì al target di identificarsi più facilmente con le eroine.

Un altro dettaglio interessante è racchiuso nella scelta dei colori, che riflettono le diverse personalità delle protagoniste. Quindi per esempio Karen Minazuki (Cure Aqua), di colore blu, è il membro più intelligente e maturo del gruppo, mentre Komachi Akimoto (Cure Mint), di colore verde, è il componente più calmo e riservato.
Similmente, anche qui ogni membro possiede un proprio attacco “di base“, o finisher, se vogliamo. Ma se nelle serie sentai, col proseguire degli episodi, i power-up sono riservati quasi sempre al protagonista, Pretty Cure preferisce puntare sull’azione di gruppo. Infatti, di solito il power-up di metà e fine stagione viene ottenuto grazie agli sforzi di gruppo, e quindi per questo motivo l’attacco finale viene eseguito da tutti i membri in contemporanea. Questa scelta deriva probabilmente dal desiderio di non perdere quell’idea di lavoro di squadra che aveva caratterizzato le stagioni precedenti.

Questa è anche la prima stagione in cui le protagoniste vanno incontro ad una crescita personale. Non solo: qui le mascotte cominciano ad avere un ruolo più attivo, facendo ciò che è in loro potere per aiutare le loro partner umane.

I cambiamenti apportati contribuiscono a riportare interesse per la serie. E se ad oggi la serie è la seconda più amata dopo l’originale, all’epoca la popolarità di Yes! si rivelò un’arma a doppio taglio per la Tōei. Cercando di ripetere il successo ottenuto con Max Heart, rinnova Yes! per una seconda stagione, ottenendo però il risultato opposto, con numeri di ascolti e vendite dei giocattoli ben inferiori alle aspettative.

In compenso, in Yes! Pretty Cure 5 GoGo compare la prima fata che otterrà il potere di divenire una Pretty Cure (Milky Rose), potere che da qui in poi non sarà più limitato alle sole ragazze umane.

Il franchise era sull’orlo del collasso. Solo un miracolo avrebbe potuto salvarlo dalla chiusura. E quel miracolo portano il nome di Atsushi Maekawa e Atsutoshi Umezawa.

 


Rinascita


Pretty Cure: 20 anni di lotte e magiaCon “Fresh Pretty Cure” inizia una nuova era d’oro per il franchise. Maekawa, sceneggiatore esperto delle serie sentai, utilizza la propria esperienza per portare una ventata di freschezza.

Per iniziare, da questa stagione i costumi e le trasformazioni si fanno più appariscenti, rendendo il cambio di look fra versione civile/trasformata più evidente. La presenza di momenti piuttosto delicati e a tratti anche maturi porrà le basi per la prima delle stagioni considerate il ‘trampolino di lancio‘ per i neofiti dell’anime. Verrà resa stabile la presenza di un tema centrale in ogni stagione. Nello specifico, il tema della 6^ stagione è la ricerca della felicità. E la nostra protagonista, Love Momozono, aka Cure Peach, sicuramente incarna appieno questo ideale. Per lei la felicità degli altri è la propria, e la sua testardaggine e il suo altruismo la portano a non arrendersi mai, e a tendere sempre una mano verso gli altri.

Anche il cast si arricchirà notevolmente: oltre alla presenza di antagonisti interessanti e sfaccettati, si affacceranno sulla scena anche i rivali. Si tratta di personaggi che si contrapporranno per morali e modi di pensare alle nostre protagoniste, spesso mettendone alla prova la risolutezza e gli ideali.

Inoltre, diverrà stabile la presenza di una mid-season Cure”, ovvero uno o più membri ‘tardi’, che si aggiungono al gruppo verso metà della stagione, nel periodo estivo. In questo caso, Setsuna Higashi (Cure Passion), ricopre non solo il ruolo di mid-season Cure, ma anche dell’antagonista/rivale. La ragazza fa inizialmente parte dei nemici di Labyrinth, e decide di fingersi amica di Love . Conoscendo la ragazza, in lei iniziano a nascere dei dubbi, ma il suo desiderio di venire incontro alle aspettative di Lord Moebius sono tali da spingerla ad usare qualunque mezzo in suo possesso, anche a discapito della propria incolumità.

E quando nemmeno Setsuna si preoccupa più di se stessa, è Love a venirle incontro.

«Quel mostro sei tu, no? È il tuo cuore che piange straziato dal dolore…Tu piangi perché non credi che sia giusto sacrificarti per Labyrinth!».

Ed ecco che in ultimo, Fresh introduce il terzo cuore di Pretty Cure: l’empatia.

Perché è questo che rappresenta una vera Pretty Cure: un cuore desideroso di lottare per ciò che è giusto, e per tutti quelli che hanno bisogno di aiuto, anche se si tratta di un tuo nemico.

L’apice del successo, comunque, Pretty Cure lo raggiunge nel 2010, con la 7^ stagione, “Heartcatch Pretty Cure”.
Oltre ad essere l’ultima stagione ad essere stata adattata dalla RAI, è internazionalmente considerata come la stagione migliore del franchise. Il perché non è difficile da immaginare. Oltre ad avere fra le animazioni più fluide, specie nei combattimenti, e l’inconfondibile stile di Yoshihiko Umakoshi (già occupatosi del character design di Doremì), la serie non teme di trattare il delicato tema della morte e della sua accettazione. Il tema della stagione, inoltre, ovvero il cambiamento, suggerisce il percorso di crescita incontro al quale andranno incontro le eroine di Pretty Cure: 20 anni di lotte e magiaquesta stagione.

In particolare, la protagonista Tsubomi Hanasaki (Cure Blossom), imparerà a divenire una persona più decisa e sicura di sé, e soprattutto una vera leader degna di questo nome.
Impossibile non menzionare le sue compagne di squadra: l’irruenta Erika Kurumi (Cure Marine), fonte inesauribile di meme e aspirante designer. Itsuki Myōdōin, ragazza dall’atteggiamento mascolino che però desidererebbe essere più femminile.
Infine, la Pretty Cure veterana Yuri Tsukikage (Cure Moonlight), che dovrà imparare a superare il fallimento e la perdita personale, ed accettare l’aiuto degli altri.


Il futuro del franchise


Quest’anno, con il raggiungimento della ventesima serie, “Hirogaru Sky! Pretty Cure“, il franchise ha compiuto nuovi passi in avanti. In primis, la leader del gruppo, Sora Harewataru (Cure Sky) non ha più come colore dominante il rosa, bensì il blu.

Ageha Hijiri (Cure Butterfly) è la prima Cure adulta (18 anni).  Si potrebbe quasi considerare l’erede spirituale di Cure Earth, che sebbene indicata come ventenne, di fatto è uno spirito incarnato.

Inoltre, per la prima volta, entra a far parte del gruppo un ragazzo, ovvero Tsubasa Yūnagi, alias Cure Wing. Già negli ultimi anni era stata sperimentata l’idea di una Pretty Cure maschio in Hugtto! Pretty Cure. Più precisamente, il personaggio secondario Henri Wakamiya era divenuto temporaneamente Cure Infini grazie all’aiuto di Cure Yell e delle altre eroine.

Con la canonizzazione di Tsubasa come Pretty Cure, è evidente che “Pretty Cure” stia muovendo i primi passi in una nuova direzione. E ciò sembra essere dimostrato con lo stageplay “Dancing star Pretty Cure: the stage”, composto da un cast tutto al maschile. Lo spettacolo arriverà questo autunno a Tōkyō e Ōsaka, e sarà diretto nientemeno che dallo stesso Washio Takashi.

Fra l’altro, è stato rilasciato l’ultimo trailer di Kibō no chikara: Otona precure ’23, che vedrà come protagoniste le eroine di Yes e Splash star ormai divenute adulte e confrontarsi con la nuova quotidianità.

E con il nuovo film, in arrivo anche in Italia per un evento speciale in occasione del Lucca comics, il franchise sceglie di celebrare non solo le sue due decadi di esistenza, ma anche e soprattutto il suo vero spirito. Come in un ciclo, il tema di questo film sarà su ciò che essere una Pretty Cure significa, e sul legame inscindibile fra due coraggiose ragazze.

Chissà se un giorno anche noi fan nostalgici italiani potremo vedere sui nostri schermi i membri del team di  ‘Hirogaru Sky’ in azione. Nel frattempo, le Pretty Cure continueranno a lottare per il mondo, e noi saremo lì a fare il tifo per loro.

Pretty Cure: 20 anni di lotta e magia

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