Ghost of Yōtei: di che “Storia” dobbiamo preoccuparci?
Ghost of Yōtei, la storia delle community di gamers e il revisionismo storico. Cosa hanno in comune? Si potrebbero dire molte cose sulle community legate ai videogiochi. Un fatto certo è il loro grado di coinvolgimento con le loro opere preferite. Sono community abituate a farsi sentire quando qualcosa non va e a farlo a gran voce nel bene e, alle volte, nel male.
In quest’ultimo periodo specificamente l’universo videoludico è stato travolto da numerose lamentele, e addirittura petizioni, per quanto riguarda i giochi di ambientazione storica. All’annuncio durante lo State of Play di Ghost of Yōtei, o meglio alla scoperta di una protagonista donna, ci siamo ritrovati in una situazione simile.
Tra i più accaniti critici del nuovo titolo di Sucker Punch sono i difensori della “rappresentazione fedele della Storia”. Ma di che storia stiamo parlando, effettivamente? Quando dalle community escono questi argomenti, il primo passo da fare è farsi questa domanda. Proprio come abbiamo fatto con Yasuke in Assassin’s Creed: Shadows, andiamo a esporre i fatti storici relativi a Ghost of Yōtei. Iniziamo dalla sua ambientazione.
Ma che Storia è?
Il gioco è ambientato nel 1603 dalle parti del monte Yōtei, al centro dell’area di Ezo, corrispondente alla moderna prefettura dell’Hokkaidō. Questo è quanto ci è stato detto dal trailer di Sony e costituisce fondamentalmente la totalità delle informazioni storiche a riguardo. Scarne a prima vista, dietro queste due coordinate spazio-temporali si nasconde una montagna di informazioni.
Il Tempo di Ghost of Yōtei
Il 1603 tra tutti gli anni possibili è particolarmente significativo. Si tratta dell’anno in cui si stabilì ufficialmente lo shogunato Tokugawa sotto il governo di Tokugawa Ieyasu, dando ufficialmente inizio al periodo Tokugawa o Edo. Il più lungo della storia giapponese, è un periodo caratterizzato dallo smantellamento del sistema militare che era stato proprio degli Stati feudali giapponesi fin dalle sue origini.
In particolare, è in questo periodo che si raggiunse gradualmente la fine dei samurai come figura militare, che divennero perlopiù funzionari statali. Anche ai rōnin, i samurai senza impiego, venne dato un nuovo volto: non più vagabondi alla ricerca di lavoro ma veri e propri criminali perseguibili per legge. Forse avete qualche ricordo di questo cambio di valori grazie ad anime come Samurai Champloo. L’opera di Watanabe, che ancora fa parlare di se, è ambientata proprio in questo periodo storico e ha fatto di questo cambiamento del Giappone uno dei suoi temi narrativi principali.
Quello che ha significato storicamente per il Giappone è stata la fine della militarizzazione costante che aveva caratterizzato la maggior parte della storia giapponese e l’inizio di un lungo periodo di pace spesso chiamato dagli storici “Pax Tokugawa”. Oltre alla fine delle guerre tra i vari stati del Paese, fu la fine dei frequenti soprusi alla popolazione da parte di molti appartenenti al gruppo dei samurai. Prima supportati dalla legge stessa in forma del proprio signore feudale o del semplice status, chi non volle abbandonare la spada si trovò insomma ad essere un nemico dello Stato.
Il luogo di Ghost of Yōtei
Non erano però soltanto gli spadaccini irriducibili ad essere nemici dello shogunato. Fondamentalmente chiunque minasse all’ordine e alla pace era visto come un pericolo. Qui entra in scena il luogo in cui si ambienta Ghost of Yōtei. L’area dell Hokkaidō, l’estremo Nord del Paese, storicamente è sempre stata problematica per chi ha governato il Giappone. Il motivo è la presenza della popolazione Ainu, gli abitanti autoctoni dell’Hokkaidō.
Si può dire in realtà che con gli Ainu il Giappone ha sempre avuto qualche problema. Sin dalla creazione stessa del concetto di Giappone, inteso come insieme di regni uniti sotto l’Imperatore, la loro “diversità” era un pericolo per gli ideali di uniformità e armonia su cui si reggeva il potere dell’Imperatore. Gli Ainu erano considerati barbari, primitivi, inferiori. Una storia che sa di già sentito. Si tratta inoltre di un popolo sì pacifico, ma molto attaccato al proprio territorio e cultura. La conseguenza che potete immaginare è che nel corso dei secoli ci sono stati diversi scontri tra le popolazioni di Ezo e il Giappone. A loro si deve peraltro l’esistenza del titolo stesso di Shōgun, nato inizialmente come titolo di comandante militare supremo per combattere proprio i “barbari” del Nord.
Alla nascita dello shogunato Tokugawa, fondato sugli ideali di ordine e di pace, non si poteva ignorare la presenza di questa popolazione così “diversa”. Mentre fino a quel momento la politica giapponese era stata di intrattenere relazioni commerciali autoregolate tra Ainu e giapponesi, Ieyasu affidò i territori di Ezo alla famiglia Matsumae, cui spettarono le relazioni e il commercio in esclusiva con le popolazioni Ainu. Di fatto questo si trasformò in uno sfruttamento dei popoli di Ezo, che si trovarono da commercianti a braccianti nel giro di poco tempo. Inutile dire che furono anni di numerose rivolte degli Ainu sedate dal dominio dei Matsumae (e dello shōgun), solitamente tramite l’esercito. La pace non fu poi così vera per tutti gli abitanti delle isole giapponesi, alla fine.
E questa Storia delle donne?
Dopo queste informazioni storiche, torniamo a Ghost of Yōtei. La principale accusa nei confronti del gioco si deve alla sua protagonista, Atsu. Il cuore della polemica sta proprio nell’affermazione per cui “non esistevano samurai donna nel Giappone antico”. Partendo da quello che sappiamo adesso di quel periodo storico, una prima risposta alle critiche molto semplicemente è: Atsu è una samurai? L’unica risposta corretta è che non lo sappiamo ancora.
Potrebbe trattari tranquillamente di una discendente di rōnin costretti al brigantaggio, o di una donna Ainu in cerca di vendetta per la sua gente o che cerca di proteggerla. Si tratta di speculazioni per ora, tutto è possibile. Però porta con sé una riflessione. Il possesso di una spada non fa effettivamente un samurai così come non è il titolo a fare una guerriera. Ricordate Yuna in Ghost of Tsushima? Non ci furono grandi proteste per la presenza di una donna guerriera armata di spada. Che dire di Lady Masako, anch’essa donna e guerriera, oltre che appartenente ad una casata samurai.
Diciamo che già a questo punto le critiche su una protagonista donna in Ghost of Yōtei iniziano a scricchiolare. Ma andiamo oltre alle speculazioni e torniamo alla Storia, così da fugare ogni dubbio.
La Storia delle donne guerriere
Torniamo a parlare del problema di “accuratezza storica”. Le donne samurai esistevano eccome in Giappone, sebbene in proporzione minore rispetto agli uomini. Onna-bugeisha e Onna-musha i due termini dedicati alle donne che scendevano sul campo di battaglia. Magari questo lo sapevate già. Quello che forse è meno noto è che le donne guerriero sono quasi tutte annoverate nelle leggende del Giappone come guerriere formidabili.
Un nome su tutte è quello di Tomoe Gōzen, una guerriera leggendaria, storicamente registrata, vissuta peraltro pochi anni prima del nostro Spettro di Tsushima. In tutte le fonti viene descritta come una guerriera senza pari, oltre che una grande stratega. O ancora, nel Giappone antico, l’imperatrice Jingū che guidò l’invasione della Korea conquistando il Paese. In generale, le donne erano spesso e volentieri addestrate all’arte militare molto prima della nascita dei samurai. Anche tra questa classe guerriera comunque, essendo la guerra la loro ragione d’essere, anche le donne venivano addestrate al combattimento.
Andando però avanti nel tempo la cultura giapponese ha rinchiuso sempre di più le donne nell’ideale di “femminilità classica” allontanandole dai campi di battaglia. A partire da quando? Proprio nel periodo Edo. Sono anche questi dati storici, che però non solo escludono le accuse di imprecisioni storiche, ma sottolineano anche una mancanza di rappresentazione nei media dedicati al Giappone (un po’ come gli Ainu). Questo rende Ghost of Yōtei una possibile occasione per cambiare rotta e scoprire qualcosa di nuovo sulla effettiva storia del Paese oltre i classici stereotipi fatti di guerrieri (uomini) che vivono e muoiono per l’onore in mezzo a petali di ciliegio.
Ghost of Yōtei e Ghost of Tsushima: non raccontiamoci storie
Arrivati a questo punto, direi che abbiamo abbastanza materiale per considerare infondate le critiche per la presenza di una protagonista donna in Ghost of Yōtei. Però è il caso di spendere qualche parola in più per parlare dell’idea alla base di queste polemiche, ossia il contrasto tra il “falso storico” di Ghost of Yōtei e la “fedeltà alla storia” di Ghost of Tsushima.
Del secondo titolo abbiamo solo una manciata di informazioni al momento e da quello che abbiamo visto fino ad ora non possiamo ancora sapere se sarà storicamente accurato o no. Per il primo capitolo invece abbiamo avuto quattro anni per conoscere a fondo la storia di Jin Sakai e dell’isola di Tsushima. Nonostante tutte le interviste, dichiarazioni e buone intenzioni di Sucker Punch ci sono innumerevoli ragioni per cui Ghost of Tsushima non è un gioco storicamente accurato.
E nel suo caso non si parla di un singolo personaggio non accurato, ma di un intero sistema di valori e rappresentazioni storiche che non rispecchiano la realtà del Giappone nel 1200, ma ne costruiscono una versione romanzata. Quindi la verosimiglianza storica non è mai stata davvero il problema di Ghost of Yōtei, o i fan difensori della “Storia” avrebbero già gridato allo scandalo con il primo titolo della serie. La domanda sorge spontanea, dunque: di che storia dobbiamo preoccuparci?
È sempre la stessa storia
Forse di quella delle community di gamer. Dei vari Gamergate di cui è costellato, del gatekeeping costante non poi tanto diverso da quello che ha privato le Onna-bugeisha della possibilità di misurarsi con gli uomini sul campo di battaglia. Oppure, della percezione che abbiamo della Storia del Giappone, di quanto ci sia di “Storia” e quanto di “storie”. Difficile a dirsi. Forse riflettere su entrambe non ci farebbe male.
Se Ghost of Tsushima, a conti fatti, non è tanto un racconto storico fedele quanto una rappresentazione di come ci piace vedere un determinato periodo storico (e una figura storica come quella del samurai), con Ghost of Yōtei Sucker Punch potrebbe fare una vera inversione di rotta. Anche portando di nuovo un racconto magari non completamente fedele ai libri di Storia, ma che da’ voce a chi solitamente nei libri di storia entra a malapena, sarebbe già un bel passo avanti per avere un insieme di narrazioni non vere, ma almeno verosimili.
Potrebbe farci bene conoscere altre storie che non abbiamo mai avuto modo di ascoltare. In questo caso quella popolazioni Ainu e delle donne giapponesi, entrambe categorie che in Giappone sono fortemente discriminate tutt’oggi. In un mondo in cui spesso e volentieri ci troviamo le stesse narrazioni per le mani, ascoltare storie nuove potrebbe farci imparare qualcosa. E magari anche piacerci, chissà. È ancora presto per dirlo.
Quello che possiamo dire con certezza è che ci sono delle novità alla porta, che portano il nome di Atsu e l’eredità dello Spettro, che dopotutto altro non è se non un simbolo di cambiamento e di rivoluzione. Se sarà una vittoria o una sconfitta lo scopriremo tra un po’. Non tanto all’uscita di Ghost of Yōtei, ma magari quando avremo avuto modo di conoscerlo intimamente come il suo predecessore. Alla fine potrebbe anche rivelarsi un gioco che sembra parlare di rivoluzione, ma alla fine ci riporta allo status quo. Noi speriamo di no ma sappiamo anche che è una cosa che succede, anche dove magari non ve lo sareste aspettati. Incrociamo le dita e affiliamo le spade in attesa del nuovo Spettro.
Classe ‘98, Filippo Recaneschi si occupa di Giappone e di videogiochi. Crede nell’informazione e combatte gli stereotipi del Giappone “pop”, analizzando i videogiochi giapponesi con occhio critico.