Lana: the Queen of Egypt: Intervista con Fade Realm
“Quando il gatto di Cleopatra, Lana, si risveglia nel Duat, scopre un Egitto in preda al caos, senza un faraone per mantenere l’ordine. Grazie ai suoi poteri divini, dovrà manipolare il mondo intorno a sé e affrontare pericoli dimenticati da tempo. Solo riportando l’equilibrio potrà trovare la sua strada per l’aldilà.”
Lana: the Queen of Egypt si presenta a noi con queste parole. La sua storia fatta di difficoltà da affrontare, forse la accomuna con l’ambiente che l’ha creata, quello del videogioco indipendente. A volte molto di un qualsiasi prodotto pop rimane nascosto sotto la superficie della sua presentazione. In questo caso, per comprenderlo davvero (e conoscere meglio la realtà dello sviluppo di videogiochi in Italia) ho avuto l’opportunità di parlare direttamente coi creatori di questo gioco, Enrico Francesio e Davide Avetta dello studio indipendente torinese Fade Realms.
Iniziamo con una domanda semplice: perché l’antico Egitto, o meglio la sua mitologia?
Enrico: L’Egitto arriva dalla mia formazione, io sono egittologo in realtà. È Davide quello con dell’esperienza nella programmazione. Oltre a questo, non lo neghiamo, perché la mitologia egizia ha un appeal tutto suo. E anche i gatti! (Ride). Anche se in realtà l’idea della nostra protagonista nasce da una vera Lana, una gatta di una nostra amica illustratrice Jessica Ferrero (@lanareginadegitto) che dedica una serie su Instagram proprio alla sua gatta abbastanza nota. All’inizio infatti il gioco doveva essere più sinergico con la serie, poi in corso d’opera si è inserito il discorso della mitologia e abbiamo deciso di separare le due storyline. Rimane il fatto che la nostra Lana è come quella in carne ed ossa, una gatta molto bella e con una vera attitudine da reginetta.
Questo spiega molte cose, ad esempio l’estrema cura nelle informazioni di carattere storico e mitologico presenti dentro Lana: the Queen of Egypt. Ad esempio mi è rimasto impresso Duat (conosciuto anche come Da’at), un termine che si trova di rado nel panorama videoludico. Ma non è l’unico aspetto peculiare del vostro gioco direi. Personalmente ho notato lo stile del design. Pur essendo un Puzzle Game, che di solito tendono ad essere più cartooneschi, il vostro gioco sembra tendere di più verso l’illustrazione
Enrico: Sì ha uno stile particolare, abbiamo provato anche versioni più classiche, “cartoonesche” appunto, ma volendo fare il posting su varie piattaforme tra cui Android abbiamo optato per qualcosa che rimanesse più uniforme tra le varie piattaforme.
In realtà anche a livello videoludico Lana: The Queen of Egypt è abbastanza particolare. Il gameplay non è quello classico di un puzzle game come, per fare un esempio classico, Snake in cui bisogna evitare gli ostacoli e riempire tutti gli spazi. In Lana al contrario bisogna “delimitare” gli spazi dell’ombra attraverso i poteri di Lana. Vi siete ispirati a qualcosa per questa meccanica di gioco?

Davide: Cercavamo un gioco che fosse abbastanza innovativo come gameplay, o meglio che non fosse molto sfruttato, ma abbiamo avuto delle ispirazioni. Nello specifico c’era un vecchio gioco degli anni 80, Qix. Tu controllavi un personaggio che ricordo chiamavamo “ragnetto”, si correva sul bordo dello schermo e bisognava disegnare dei quadratini muovendoti verso il centro, il tutto per liberare un’immagine nascosta. Il tutto mentre al centro c’era un nemico che ti inseguiva nel momento in cui entravi per liberare l’immagine. Era un gioco arcade molto diffuso al tempo che ha avuto anche diverse varianti, ma la base era intrappolare i nemici nella tua “mangiata” e così facendo liberare una certa porzione del terreno di gioco e avanzare al livello successivo.
Non trovando più molti esempi di questo tipo di giochi in giro ci siamo lanciati in questo “revival” per cercare di far tornare questo stile di gioco. Si è rivelata un po’ un’arma a doppio taglio. Lo abbiamo notato quando abbiamo partecipato a due Gamescom: in quel contesto abbiamo notato l’unicità del progetto, nel senso che in questi quattro anni e mezzo di sviluppo non abbiamo mai incrociato un gioco contemporaneo simile a Lana: the Queen of Egypt. Se da un lato questo significava che il nostro gioco era effettivamente qualcosa di assente sul mercato odierno, dall’altro lato i finanziatori spesso non erano convinti per lo stesso motivo.
Passiamo ora a parlare del vostro studio in generale. La prima cosa che ho notato è che Lana: the Queen of Egypt si discosta un po’ da altri vostri lavori. Ad esempio Arduino: Fate of a Crown Crown e Selvania, la cui ambientazione è vicina al Piemonte e alle zone rurali in generale, che richiamano quindi le zone dove siete cresciuti e vi siete conosciuti.
Enrico: Arduino è stato in realtà il nostro primo progetto, la vera idea di partenza che ha fatto nascere Fade Realms, che però è stata momentaneamente accantonata, perché è un progetto più ambizioso, soprattutto considerando che attualmente siamo soltanto io e Davide. Speravamo di ottenere un consenso di investitori nel Canavese, considerando che riguardava la storia del territorio e cercava di far suo il concetto del Videogame Induced Tourism. Giochi come Kingdom Come: Deliverance hanno prodotto molto turismo nelle aree di ambientazione, ma al momento non abbiamo ottenuto lo stesso riscontro nel Canavese.
A quel punto, un po’ per fare pratica sul processo dalla A alla Z della produzione di un videogioco, un po’ per cercare di creare un prodotto più “facile” da sviluppare abbiamo deciso di creare Lana: The Queen of Egypt, che ufficialmente è il nostro primo videogioco. Silvania è invece il progetto che stiamo cercando di sviluppare subito dopo Lana. La linea di base che ci ha portato a a fondare la società è quella di creare dei videogiochi che abbiano un contenuto educativo e culturale. Per esempio con Arduino: Fate of a Crown si tratta di uno studio del Medioevo Canavese attraverso la figura del Re Arduino, una figura di grande importanza nella storia del folklore canavese. Alla base c’era la volontà di fornire un’immagine realistica del Medioevo, in cui il personaggio fosse più di qualcuno che andava in giro ad ammazzare la gente a colpi di spada, ma proprio di rappresentare i pericoli e le difficoltà del periodo storico. Per Selvania invece ci siamo concentrati sul tema dei biomi e dell’ambiente, tema abbastanza “caldo” al giorno d’oggi e fondamentale anche per il Piemonte.
Insomma, il filo conduttore è quello di creare giochi che abbiano un contenuto educativo: che si parli di storia locale, ambiente o cultura e mitologia egizia. Si potrebbe dire che fate parte della corrente dei cosiddetti “Serious Games”, giochi con una spiccata ragione sociale e civile, come ad esempio produce l’italiana Molleindustria di Carlo Pedercini.
Enrico: Esattamente, anche se purtroppo non è sempre possibile. La parte difficile resta comunque rendere un videogioco non solo educativo, ma anche interessante e divertente, si tratta pur sempre di giocare.
Davide: Precisamente, quando qualcuno gioca non può essere come andare a scuola, noi cerchiamo di unire la missione culturale con la volontà di far divertire. Lo scopo ultimo è quello di far si che le persone, proprio attraverso il divertimento, si interessino ad argomenti a volte magari “di nicchia” e scoprano qualcosa di nuovo.
Visto come vi siete approcciati sia a livello di gameplay sia a livello di contenuti, la domanda sorge spontanea: a che giocatore/giocatrice stavate pensando mentre creavate Lana: the Queen of Egypt?
Davide: beh, pensare a chi vorrebbe giocare al tuo gioco è una parte importante, sia perché serve per far si che, da indipendente, il tuo videogioco possa vedere la luce sia perché ti devi approcciare a parecchie categorie. Inizialmente avevamo pensato ad un target più vicino alla nostra fascia d’età, dato che era facile che potessero ricordarsi Qix e i vari Qix-like. Alla fine però abbiamo allargato il range di età a cui avevamo pensato perché con le prime promozioni del gioco ci siamo resi conto che avevamo una grande fascia di interesse negli over 60 che non ci aspettavamo e dei picchi sorprendenti anche sui teenager. Quello che abbiamo pensato è che più che l’età si trattasse di una tipologia di giocatore, un casual gamer. Ci siamo resi conto che Lana: the Queen of Egypt è un gioco che funziona benissimo come intermezzo tra le varie attività della giornata, un mobile game insomma.
E questa scoperta può creare una sinergia con quella che è la missione di Fade Realms?
Enrico: Pensiamo di sì, lo scopo educativo rimane anche in giochi di dimensioni più ridotte e più “semplici”. Ma senza girarci intorno, da indipendenti una cosa imprescindibile è considerare il ritorno economico, quello mantiene la realtà viva e fa sì che il progetto possa andare avanti. Possiamo anticipare che stiamo sviluppando anche un altro gioco più rapido e casual parallelamente a Selvania, ma che comunque terrà una sua dimensione educativa, in questo caso spostandosi sulla mitologia greca.
Giustamente gli studi di sviluppo, soprattutto indipendenti, sono comunque un lavoro e non sempre facile. Come tale c’è bisogno di parlare della loro realtà, oggi più che mai. A questo proposito, dal vostro punto di vista, che sfide deve affrontare uno studio di sviluppo in Italia, oggi?
Enrico: guarda, posso risponderti anche dopo essermi confrontato con altri studi indipendenti che fanno parte della realtà degli studi torinesi da più tempo di noi. La problematica quando inizi è doversi finanziare, in altre parole trovare dei lavori esterni paralleli da incastrare allo sviluppo dei tuoi prodotti interni, addirittura magari vendere qualche asset o, come in parte nel caso di Lana: the Queen of Egypt sviluppare giochi indipendenti dalle dimensioni ridotte e pensati per un target più semplice. Ovviamente, tutto questo se non hai la fortuna di ottenere un Publisher. Purtroppo l’industria videoludica sta subendo una recessione a livello mondiale. I Publisher preferiscono progetti quasi finiti, a cui apporre solo il marchio e occuparsi del marketing. Inoltre da indipendente hai bisogno di tempo per apprendere cose nuove e migliorare quello che magari sai già, ma non hai avuto modo di applicare al mondo dei videogiochi.
Davide: dal lato tecnico, devi imparare a non scoraggiarti troppo. Cioè, devi venire a patti con l’idea che qualsiasi cosa tu faccia dovrà essere ripresa, rimaneggiata, messa in discussione più volte. Essere aperti al cambiamento insomma. Poi, devi sempre essere pronto a soddisfare da un lato la tua voglia di creare ma anche pensare che sarà qualcun altro a usarlo, fare le cose belle solo per sé stessi può diventare un limite. Ovviamente senza esagerare da entrambe le parti.
Ringraziamo Enrico Francesio e Davide Avetta per l’opportunità di fare questa chiacchierata a cuore aperto sul mondo degli sviluppatori indipendenti e su Lana: Queen of Ancient Egypt. L’unica conclusione possibile è che aspettiamo Dicembre 2025 per scoprire il prodotto finito. Nel mentre, continuiamo a seguire il percorso di Fade Realms all’interno di questo mercato a volte difficile, ma ancora capace di comunicarci qualcosa.
Classe ‘98, Filippo Recaneschi ama scavare nel profondo della Pop Culture e dei suoi prodotti. Ama ancora di più condividerla e raccontarla senza stereotipi.




