One Piece capitolo 1152 : analisi e approfondimento

One Piece capitolo 1152: il tuo appuntamento settimanale
Benvenuti nella nuova rubrica settimanale di approfondimento su One Piece, in cui ogni settimana andremo a fondo nei nuovi capitoli del manga, tra colpi di scena, teorie e dettagli che vi siete (forse) persi; si parte oggi proprio con “One Piece, capitolo 1152” — ma attenzione: da qui in avanti ci sono spoiler belli grossi.
L’analisi si basa sulle raw scans disponibili prima della pubblicazione ufficiale, che in italiano arriva con un certo ritardo attraverso i volumi cartacei o digitali pubblicati da Star Comics. Il capitolo ufficiale è, invece, disponibile ogni domenica in varie lingue, tra cui l’inglese, sul sito MANGA Plus.
Se non siete in pari con il manga, fate un passo indietro. Se lo siete… siete nel posto giusto.
Attenzione: l’articolo contiene spoiler per chi non fosse in pari con i capitoli del manga
Verso il capitolo 1152: One Piece, la storia finora
Dopo la fuga da Egghead, i Mugiwara approdano a Elbaf: l’isola leggendaria dei giganti guerrieri. Un tempo simbolo d’onore, ora è il teatro di un conflitto che va oltre la semplice sopravvivenza.
Il Governo Mondiale, deciso a piegare l’anima di Elbaf e assumerne il controllo, ha scatenato i Cavalieri Divini, guerrieri scelti agli ordini diretti di Imu, l’entità suprema che regna nell’ombra. Tra loro spicca Shamrock, gemello di Shanks, richiamato d’urgenza in una Mary Geoise in fiamme. Con lui ci sono Gunko, posseduta da Imu e trasformata in un demone; Killingham, ibrido uomo-Qilin che evoca incubi immortali; e Sommers, che infligge dolore attraverso gli affetti grazie al Frutto Spina‑Spina.
La prigionia di Loki
Al centro della tempesta c’è Loki, principe di Elbaf, incatenato dai suoi simili con l’accusa di aver ucciso suo padre, Re Harald. La sua prigionia è il simbolo del collasso interno dell’isola. Loki, però, osserva tutto con sarcasmo: sa che il suo momento potrebbe arrivare. Luffy, fedele alla sua idea di libertà, vuole liberarlo. Vede nella sua reclusione un’ingiustizia da spezzare, e in Loki un possibile alleato.
In campo anche Hajrudin, fratello di Loki e membro della flotta di Cappello di Paglia, che si rifiuta ostinatamente di piegarsi a chi considera il vero assassino di loro padre; e Scopper Gaban, ex secondo di Roger, tornato in scena e ferito nel tentativo di salvare suo figlio, Colon.
È Luffy, guidato da un’intuizione, a percepire la presenza di Gaban e Chopper, precipitati negli Inferi di Elbaf, dove Loki è detenuto. Con Zoro e Sanji si dirige verso di loro, consapevole che qualcosa di letale si sta preparando.
La tensione sale e le forze in campo iniziano a scoprirsi davvero. Tra ostaggi, mostri evocati dagli incubi e il peso schiacciante dell’Haki del Re di Imu, si inserisce il capitolo 1152 di One Piece.

One Piece capitolo 1152: “Un giorno terribile”
Il capitolo 1152 di One Piece si apre con una verità cruciale: Scopper Gaban rivela che I Cavalieri Divini possono essere abbattuti, ma serve un Haki del Re di livello superiore. Lo dice con fermezza, rivolto a Luffy e ai suoi compagni, suggerendo che non solo il capitano, ma anche un altro membro della ciurma lo possiede. Sanji si illumina, ma il suo entusiasmo prende rapidamente una piega comica quando Gaban lo corregge, e qui arriva la conferma: in realtà è Zoro il prescelto. Ed è qui che si palesa lo spaesamento comico di Sanji e la solita indifferenza glaciale di Zoro mentre, incredulo, apprende che il suo corpo rilasciava Haki da tempo.
Il capitolo sfiora poi un momento significativo: Luffy, con il suo impulso caratteristico, propone di arruolare Loki nella ciurma in cambio della sua libertà. Una scelta simbolica e strategica, ispirata da una fiducia istintiva nei confronti del principe incatenato. Ma anche se né Loki, né Zoro o Sanji ne vogliono sapere, Luffy sorride lo stesso. Per lui un’ingiustizia è un motivo sufficiente per fidarsi.
Un flashback dopo l’altro
Taglio netto: flashback. 14 anni prima. Loki e Jarul irrompono al castello per affrontare Re Harald, accusandolo di aver stretto patti col Governo Mondiale. Ma fanno solo in tempo a vederlo cadere, trafitto a tradimento dai suoi stessi uomini. Nessun confronto. Solo sangue e silenzio.
Intanto, in un bagno termale vicino, Shanks e Gaban parlano da vecchi amici. E sul braccio di Shanks compare un segno misterioso, simile al marchio nero dei Cavalieri Divini. In parallelo, un individuo misterioso arraffa un Frutto del Diavolo leggendario dalla sala reale.
Altro flashback, stavolta di 109 anni fa. Un giovane re violento — Harald in età precoce — semina il panico in un regno umano, rivelando una ferocia delirante. Non è solo un re. È un mostro nato in guerra.
One Piece capitolo 1152: l’ambizione prende forma
L’Haki come legge del potere
La scena si apre con parole che non passano inosservate: “I Cavalieri Divini non sono immortali… ma per abbatterli serve un Haki del Re superiore.”
A pronunciarla è Scopper Gaban, ex numero due della ciurma di Roger e uomo a cui basta un filo di voce per cambiare le regole del gioco.
Questa dichiarazione è molto più di un semplice appunto tecnico. È un cambio di paradigma. Finora i Cavalieri Divini sono sembrati invincibili: poteri oscuri e una connessione diretta con l’entità suprema Imu. Ma ora sappiamo che hanno un punto debole, ed è l’Haki del Re.
Non bastano forza bruta o frutti del diavolo: per sconfiggerli serve ambizione pura, volontà che sovrasta quella dell’avversario. E in quell’istante, l’attenzione si sposta su Zoro.
Sanji si esalta. Sorride, si prende quasi la scena. Ma l’inquadratura — metaforica e non — stringe su Zoro, silenzioso, quasi infastidito. Ed è lì che One Piece fa il suo solito colpo: mentre svela uno snodo narrativo di peso, non rinuncia all’umorismo che lo ha reso unico. La scena è comica, il ritmo leggero, ma ciò che dice è potente: Zoro possiede da sempre quell’Haki. Un paradosso brillante. Ridiamo, ma comprendiamo. E qualcosa si accende.
Haki, ambizione e la fine delle vecchie regole
All’inizio del manga, la logica dei combattimenti era giocata soprattutto sulle debolezze dei Frutti del Diavolo. Ricordate Mihawk? Lo spadaccino più potente del mondo, capace di tagliare montagne… completamente inefficace contro Buggy, perché il Bara Bara no Mi lo rende immune ai tagli.
Oppure Enel, dio del tuono, ridicolizzato da un ragazzo di gomma. Quelle interazioni erano geniali, imprevedibili. Ma Eiichiro Oda, da vero architetto narrativo, ha voluto alzare l’asticella.
L’introduzione dell’Haki ha cambiato tutto. Ha dato forma concreta all’ambizione, ha reso visibile l’invisibile. L’Haki non è solo una tecnica: è la manifestazione concreta della volontà, della determinazione, della fede in se stessi.
E se da una parte è giusto che siano queste qualità — non il potere “fortunato” di un frutto — a decidere le battaglie finali, la chiave di lettura più nostalgica suggerisce però che, così facendo, il manga perda un po’ di quella imprevedibilità che lo caratterizzava prima dell’introduzione dell’Haki, quando bastava un’abilità bizzarra o un’interazione inaspettata tra frutti del diavolo per ribaltare completamente l’esito di uno scontro.
Questa transizione è diventata inevitabile man mano che One Piece abbandonava le dinamiche “da avventura settimanale” per trasformarsi in un’epopea epica. E nel capitolo 1152, ci troviamo esattamente a quel bivio: un personaggio come Zoro, costruito da sempre come incarnazione della determinazione pura, ottiene ufficialmente la legittimazione definitiva.
Zoro, Sanji, Luffy… e il destino che si ripete
Il riconoscimento dell’Haki del Re in Zoro non è solo una medaglia. È anche un simbolo. E lo diventa ancora di più se accostiamo questo trio leggendario — Luffy, Zoro, Sanji — al passato della pirateria.
Roger, Rayleigh, Gaban: tre pilastri. Il Re, la Luce, il Braccio.
Luffy, Zoro, Sanji: stessa struttura, stessi ruoli, ma un’era diversa. O forse no. Perché One Piece non è solo un manga d’avventura. È una storia che racconta la ciclicità del tempo, il ritorno dei simboli, la forza delle eredità.
E allora Gaban — che di Roger è stato l’equilibrio silenzioso — non si limita a notare l’Haki di Zoro. Lo riconosce. Lo legittima. Lo tramanda.
Non è più tempo di scommettere sul futuro: il futuro è già qui, e sta impugnando tre katana.

E Sanji?
Resta un’ombra in questa equazione. Un vuoto. Per ora.
Perché anche se la reazione di Sanji è racchiusa in un contesto ironico, Eiichiro Oda lo tratta con rispetto. Non lo smentisce. E questo piccolo gesto, assieme al parallelismo con il leggendario Monster Trio, ci strizza l’occhio: anche per lui l’Haki del Re potrebbe essere questione di tempo. E nemmeno troppo.
Del resto, l’ambizione in Sanji è ardente. È uno che combatte per i valori, per l’amore, per gli amici, per il suo codice. Ha un potere “diverso”, ma ha sempre avuto una volontà incrollabile. E in One Piece, è questa che fa la differenza.
One Piece colpisce ancora: ci fa ridere mentre ridefinisce i pesi in campo. E ci ricorda che, nel Nuovo Mondo, non basta un potere: serve una volontà che rompa le catene.
One Piece capitolo 1152, un invito sopra le catene: la fiducia che rompe le regole
Un piano che non sembra un piano
È in una delle scene più cariche di significato del capitolo che Luffy fa ciò che solo Luffy farebbe: si piazza sopra Loki — letteralmente di fronte al suo faccione gigante — e con la naturalezza di chi propone una merenda, gli chiede di entrare nella sua ciurma.
È una proposta che sembra assurda, quasi ridicola, eppure porta con sé una carica simbolica potente. Luffy, piccolo rispetto al colosso incatenato, è fisicamente in alto rispetto a lui. Ma non è un gesto di dominio: è un invito a rialzarsi, a liberarsi. È un modo per dire “sei ancora parte del mondo”, anche se quel mondo ti ha voltato le spalle.

La scelta di Luffy non è strategica, né razionale. È la fiducia istintiva che solo lui sa dare. Una fiducia totale, bambinesca, ma capace di smuovere imperi. Loki è odiato, incatenato, accusato di aver ucciso suo padre, ma Luffy — che non lo conosce, non sa nulla della verità — lo guarda negli occhi (bendati) e decide che merita una possibilità.
È una filosofia semplice quanto dirompente: se sei incatenato per aver presuntivamente infranto le regole di un mondo corrotto, allora forse sei dalla parte giusta.
Dietro quella che sembra un’impulsiva follia si cela in realtà un’idea lucidissima: Hajrudin, membro della Grande Flotta di Cappello di Paglia e fratello di Loki, difficilmente potrebbe opporsi alla decisione di Luffy.
E infatti, quando la proposta arriva, è Gaban stesso — il leggendario secondo di Roger — a suggerire che forse Loki è la chiave per ribaltare la battaglia. Il passato lo condanna, ma la sua forza, la sua volontà e il suo legame con questa terra lo rendono insostituibile.
L’orgoglio che non chiede aiuto
Il rifiuto di Loki, però, apre un altro fronte: il gigante non vuole unirsi a nessuno. Non perché in fondo disprezzi Luffy, ma perché convinto che Elbaf debba essere salvata da chi ne porta davvero il peso sulle spalle.
Non vuole essere l’arma di qualcun altro, non vuole che la sua vendetta o la sua redenzione siano pilotate da forze esterne. È un ideale antico, di quelli scolpiti nella roccia: proteggere la propria terra non per riscrivere il passato, ma per rispondere alla storia con la propria forza.
Hajrudin, spinto dalle parole di Gaban e dall’insistenza di Luffy, cede solo a una condizione: conoscere la verità.
Per la prima volta, chiede a suo fratello Loki di raccontargli cosa accadde in quel “giorno terribile”. Non per giustificarsi, ma per guardarsi negli occhi (quelli di Loki sempre bendati). È un momento carico, che non parla solo di giustizia, ma di fiducia e di quella sottile linea tra colpa e verità che separa l’eroe dal traditore.
Il passato che plasma il presente: il flashback che svela Elbaf
Eccoci al cuore pulsante del capitolo 1152 di One Piece: il flashback di quattordici anni fa, che squarcia il velo sulla morte di Re Harald e apre un’intricata rete di misteri, tradimenti e scelte che ancora oggi plasmano il destino di Elbaf.
Per capire davvero cosa sta succedendo, dobbiamo scavare nel passato, muovendoci con passo deciso tra fatti, filosofie e supposizioni, senza mai perdere di vista l’anima profonda di questa epica narrazione.
La verità sulla morte di Re Harald: l’ingiustizia di una condanna
Finalmente scopriamo che non è stato Loki ad uccidere suo padre, Re Harald. Un colpo di scena che ribalta tutta la narrativa: il principe gigante è stato ingiustamente accusato e condannato da un’intera società che ha scelto un capro espiatorio.
Questa dinamica universale, radicata nel tessuto delle nostre società, ci parla di come spesso la verità venga sacrificata sull’altare del potere e della paura. Essere etichettati come colpevoli senza prove certe significa essere schiacciati da un giudizio che non cerca giustizia ma solo comodo mantenimento dello status quo.
Loki incarna l’archetipo di chi viene marchiato per sempre da una colpa mai sua, e la sua lotta diventa metafora della resistenza contro un destino imposto e ingiusto. La condanna ingiusta è l’esempio più crudo di come la società spesso scelga il capro espiatorio per nascondere le proprie fragilità e tradimenti.
Shanks, Gaban e l’incastro perfetto delle tempistiche
Nel frattempo, tra le pieghe della storia, emerge un dialogo che ha un peso enorme: quello tra Shanks e Gaban. Shanks, che molti vedono come un enigma avvolto in un mistero, racconta di aver incontrato Re Harald a Mary Geoise, ma di non aver potuto parlare con lui di “certe cose in quel luogo”. Per questo è venuto a Elbaf, sperando che non fosse troppo tardi per una certa rivelazione.
Questo dettaglio s’incastra perfettamente con quanto detto tempo fa da Shamrock, il gemello di Shanks a capo dei Cavalieri Divini, che confermava un periodo trascorso da Shanks in Terra Santa prima di tornare a girare per il mondo.
Un elemento che non passa inosservato è il marchio sul braccio sinistro di Shanks — il braccio che nel primissimo capitolo gli viene divorato dal Re del Mare — un segno enigmatico che sembra collegarlo ai Cavalieri Divini, al Governo Mondiale o addirittura a Imu.
Shanks, figlio di Garling Figarland, come ci è stato rivelato durante la proiezione del film One Piece film: Red, discende dalla nobile famiglia Figarland, una casata di Draghi Celesti: un dettaglio che getta una luce ambigua sul suo ruolo, oscillante tra ribelle e potenziale pedina di poteri oscuri. La sua figura incarna perfettamente la contraddizione filosofica dell’ambiguità morale, che è da sempre un filo conduttore nel mondo di One Piece: il bene e il male spesso non sono netti, ma sfumati, complessi.

La scarica di Haki e il frutto leggendario rubato: il mistero si infittisce
Durante un momento di relax ai bagni termali, Shanks e Gaban percepiscono una violentissima scarica di Haki provenire dal castello di Orst, ad Elbaf. Un segnale chiaro che il conflitto è in pieno fermento e che forze imponenti sono in gioco.
Inoltre, apprendiamo di un frutto del diavolo leggendario custodito sull’isola, sottratto da una figura misteriosa. Questa rivelazione apre un altro capitolo di domande: Oda continua a tessere una tela in cui, per ogni pezzo che ci mostra, ce ne nasconde un altro da scoprire. Questo gioco di rivelazioni e misteri è la linfa stessa della narrazione, che invita il lettore a ragionare, formulare teorie e attendere con ansia il prossimo tassello.
Teorie sul tradimento e il frutto leggendario: un mosaico ancora da completare
Ci addentriamo ora in un terreno più incerto, dove tutto è supposizione e speculazione, ma che merita attenzione perché può gettare luce sugli enigmi di Elbaf.
Perché Re Harald è stato tradito e ucciso dai suoi stessi soldati?
Loki prova ribrezzo pensando che suo padre abbia “venduto l’anima” al Governo Mondiale. Ma potrebbe esserci stata una spaccatura interna, qualcuno che non era d’accordo con questo patto. La sua morte potrebbe essere la conseguenza di un conflitto di lealtà, forse orchestrato dai fedelissimi di Elbaf per eliminare un potenziale rischio.
Un’altra teoria suggerisce che Harald, messo alle strette e temendo di soccombere al patto con Imu, abbia ordinato lui stesso la sua fine, un sacrificio estremo per proteggere qualcosa di più grande. Oppure è proprio lui la silhouette misteriosa vista rubare il frutto leggendario, un’azione disperata per sottrarre a Imu un potere pericoloso.
Parlando del frutto, sappiamo che i giganti di Elbaf venerano Nika, il Dio del Sole, e che Luffy ha mangiato l’Homo Homo modello Nika. Potrebbe essere questo il frutto leggendario di Elbaf? È possibile che sia stato catturato dal Governo Mondiale, con Harald sotto controllo di Imu, e che Shanks sia stato il ladro che lo ha sottratto, come sappiamo, dalla nave governativa del CP9 come indicano le tempistiche coincidenti della sua presenza a Elbaf e la sua successiva fuga.
Infine, un’altra possibilità è che non si tratti dell’Homo Homo modello Nika, ma di un altro frutto leggendario mangiato da Loki stesso, dotandolo di un potere leggendario e devastante che giustificherebbe la paura e l’odio nei suoi confronti.
Il misterioso simbolo tatuato sul braccio di Shanks potrebbe essere la chiave di volta di tutto questo intrigo, forse un marchio che lo lega a Imu, ai Cavalieri Divini o a un potere superiore ancora ignoto.
Harald il sanguinario: origini di un re, ombre di un dio
Nel capitolo 1152 di One Piece, il salto temporale si spinge ancora più indietro. Centonove anni fa, vediamo un giovane Harald. Non il re saggio e venerato di cui le leggende narrano, ma un gigante furioso, brutale, assetato di potere. Scaglia distruzione su un regno umano con una ferocia quasi animalesca, lasciando dietro di sé solo rovina e terrore. Non c’è diplomazia, non c’è giustizia: solo guerra. Solo dominio.
È una scena che sconvolge, perché ribalta ogni immagine che avevamo di lui. Eppure, proprio in questa follia primitiva, si coglie l’ombra di qualcosa di familiare: la stessa fame di forza e riscatto che oggi arde in Loki. Un’eredità pericolosa, incisa nel sangue dei giganti. Loki è come un eco di quel passato, con lo stesso fuoco nelle vene, ma forse con un’idea diversa di giustizia e appartenenza.
Questa versione selvaggia di Harald ci fa riflettere su quanto possa mutare un uomo — o un re — nel corso di un secolo. Forse è stato proprio quel fuoco giovanile, quell’ambizione senza freni, a portarlo a stringere patti scellerati con il Governo Mondiale, ingannato da promesse di riconoscimento, pace o potere. Una fame che diventa gabbia e che forse, nel tempo, si è tramutata in rimorso e redenzione.
È difficile immaginare come quell’essere furioso sia diventato il sovrano amato e mitizzato che Elbaf oggi piange. Ma questa contraddizione rende il personaggio ancora più umano, più tragico. Il potere trasforma, ma non sempre redime.
Il flashback s’interrompe, ma è chiaro che siamo solo all’inizio. Nei prossimi capitoli, Oda potrebbe portarci ancora più a fondo, per mostrarci il percorso oscuro e tortuoso che ha trasformato una furia in un dio e, forse, un dio in un traditore. Elbaf non è solo teatro di guerra, ma memoria viva di un’eredità che ancora sanguina.
One Piece capitolo 1152: filosofia del mistero e della narrazione di Oda
Questo intreccio di eventi, personaggi e segreti è la quintessenza di One Piece: un’opera che non si accontenta di svelare risposte, ma che ama lasciare domande aperte, invitandoci a riflettere sulla natura del potere, della lealtà, del destino e della verità.
Ogni rivelazione è un passo avanti, ma anche un punto di partenza per nuove teorie e sospetti. La narrazione di Oda, con la supervisione degli editor, è un ciclo continuo, un eterno ritorno di temi e simboli che si ripetono e si evolvono, proprio come le ere che si susseguono nel mondo di One Piece.
Settimana prossima si torna in campo, Elbaf non aspetta, e nemmeno Oda. Non è prevista pausa per la prossima settimana, il viaggio continua.
Redattore e scrittore con sindrome dell'impostore